A/B side VIBES. Greatest Hits from ‘80s & ‘90s
Tribute to Po-Chih Leong
ITALIAN PREMIERE
Ping pong
兵乓波
UK, 1986, 100’, English, Cantonese
Directed by: Po-Chih Leong
Screenplay: Po-Chih Leong, Jerry Liu
Photography (color): Nicholas D. Knowland
Editing: David Spiers
Production Design: Colin Pigott
Music: Richard Harvey
Producers: Malcolm Craddock, Michael Guest
Cast: David Yip (Mike Wong), Lucy Sheen (Elaine Choy), Robert Lee (Mr Chen), Lam Fung (Ah Ying), Victor Kan (Shu Loong), Barbara Yu Ling (Cherry), Ric Young (Alan Wong), Victoria Wicks (Alan’s Wife), Stephen Kuk (Uncle Choi), Rex Wei (A Chee), Hi Ching (Jimmy)
Presentato in anteprima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1986, Ping Pong di Po-Chih Leong non è solo il primo film dal cast interamente asiatico prodotto nel Regno Unito dall’emittente Channel 4 Television ma, cosa ancora più importante, è anche uno dei primi film che descrivono l’esperienza degli immigrati cinesi con un’autenticità e una compassione tali che è difficile trovarne di simili persino ai giorni nostri.
Ping Pong è anche uno dei pochi film in cui Leong ha lavorato anche alla sceneggiatura.
“Patria? Quale?” risponde la giovane avvocata anglo-cinese Elaine, quando un funzionario dell’ambasciata cinese la invita a “ritornare in patria”. Cos’è la patria, in effetti? Il luogo in cui si è nati e dove si trovano le proprie radici, o il paese in cui si è abitato e di cui si è acquisita la cittadinanza? La risposta viene ridefinita costantemente e la sua fluidità (se non ambiguità), specialmente in un’epoca globalizzata come la nostra, è incarnata in film recenti come il pluripremiato Return to Seoul (2022) del regista franco-cambogiano Davy Chou.
La riflessione delicata ma non superficiale di Leong è indicativa di quanto egli fosse in anticipo sui tempi nell’affrontare concetti come l’identità e l’immigrazione.
Il film è ambientato principalmente nella Chinatown di Londra ed Elaine è l’esecutrice testamentaria di Sam Wong, morto misteriosamente all’interno di una cabina telefonica. Le volontà di Sam non soddisfano però le aspettative dei figli Mike e Alan, della figlia Cherry, e nemmeno quelle della moglie Ah Ying. Ben presto Elaine si ritrova a muoversi (o, piuttosto, a fare avanti e indietro in un continuo ping pong) non solo tra intricate relazioni familiari ma anche tra diverse concezioni di casa e di successo. Ping Pong si mantiene in equilibrio tra sequenze in cui immigrati cinesi lottano per affermare e mantenere la propria presenza in un mondo a loro estraneo e per il quale sono degli stranieri (più evidente nei racconti di Ah Ying e dell’amico di Sam, Mr. Chen), e dettagli sfumati su come questi immigrati e il loro stile di vita vengono percepiti dalla gente del posto.
L’approccio di Leong è tenero e spiritoso. Gli stereotipi di entrambe le parti vengono mostrati con leggerezza, in una scena divertente in cui alcuni clienti inglesi provano a ordinare nel ristorante di Sam: il cameriere Jimmy (anche se è presente sullo schermo per poco tempo, la sua presenza è così dinamica che fa da contraltare alla cupezza dei Wong) riesce a prevedere il loro ordine prima ancora che gli ospiti inizino a pensarci!
Uno sguardo più sofisticato e sottile su come si manifesta il razzismo emerge in una conversazione tra Elaine e un rappresentante britannico del tribunale competente per la successione. Quando l’inglese esprime la sua sorpresa per come Elaine, cinese d’aspetto, “parli un inglese perfetto”, lei risponde con disinvoltura, “È per la sua stessa ragione”: uno scambio che ricorda il celebre dialogo tra Ethan e Scar su quanto siano bravi a padroneggiare l’uno la lingua dell’altro in Sentieri selvaggi (John Ford, 1956), uno dei film sul razzismo più complessi che siano stati realizzati.
Al centro di Ping Pong c’è il concetto tutto cinese della riconciliazione: riconciliazione tra dovere e interessi personali, tra i membri della famiglia, in cui ciascuno deve confrontarsi con i propri desideri personali, e – a un livello più profondo – tra se stessi e le proprie radici. Forse non è una coincidenza che le riconciliazioni siano rese possibili attraverso Elaine, che incarna sia la cultura cinese che quella britannica, e che per tutto il film è sempre pronta a cambiare la propria percezione man mano che va avanti e acquisisce consapevolezza.
Ping Pong potrebbe forse essere il film più personale di Leong, essendo lui stesso un cinese britannico. Certo è che ci troviamo di fronte a una delle sue opere più serie e malinconiche, caratterizzata da movimenti di macchina poetici e da una messa in scena meditata, con alcune carrellate molto efficaci che sottolineano la tensione della situazione e, talvolta, la perplessità dei personaggi.
La storia dolceamara di Leong sugli immigrati cinesi e hongkonghesi è più attuale che mai.
FILMOGRAFIA: vedi Hong Kong 1941