Cruel Winter Blues

Jae-moon, un gangster cinico e asociale che si avvicina alla mezz’età, vuole uccidere un uomo. Da quando ha perso il suo migliore amico per mano di un gangster rivale di nome Dae-shik, la vita non ha più molto senso per lui, a parte un ostinato desiderio di vendetta.  Jae-moon si unisce a un esperto di taekwondo che è passato alla malavita per pagare la retta ospedaliera della madre, e parte per il paese natale di Dae-shik - un villaggio rurale di nome Bulkyo – dove aspetterà l’occasione per colpire.

Bulkyo è una cittadina squallida, soprattutto in inverno, ma quando Jae-moon vi si sistema e stabilisce un’amicizia a singhiozzo con una ristoratrice del posto, comincia a ricordarsi della propria città natale.  Dae-shik non si fa vedere per un bel po’, ma nel frattempo Jae-moon inizia a frequentare un ristorantino gestito dalla madre dalla lingua tagliente di Dae-shik. Sperando di strapparle qualche informazione su dove si trovi il suo nemico, comincia a trascorrere più tempo con lei, mentre la donna, a sua volta, inizia a provare simpatia per questo estraneo che le ricorda il figlio ribelle.

Il film d’esordio del regista e sceneggiatore Lee Jeong-beom, come il melodramma Failan, divenuto ormai un classico del cinema coreano, ci trascina in profondità nella psiche di un gangster emotivamente distrutto, nella speranza di trovarvi un accenno – ma forse solo quello – di calore umano. In questo senso, Cruel Winter Blues si regge più di ogni altra cosa sull’interpretazione dei protagonisti, e sotto questo aspetto è un film fortunato.

Gli appassionati del cinema coreano conosceranno senz’altro Sul Kyoung-gu, che si è costruito una reputazione come uno degli attori coreani di maggior talento con film d’essai come Peppermint Candy (2000), Oasis (2002), e produzioni a grosso budget come Public Enemy (2002), Silmido (2003), e Rikidozan (2004). In Cruel Winter Blues la sua interpretazione non raggiunge i vertici emotivi di Choi Min-shik in Failan, e per lo spettatore ci vuole un po’ più di tempo per cominciare a provare simpatia nei suoi confronti, ma è comunque sempre convincente e coinvolgente per i dettagli realistici di cui arricchisce il personaggio. 

In un certo senso, però, l’interpretazione più importante del film è quella di Na Moon-hee nei panni della madre di Dae-shik. Na, che in origine è apparsa soprattutto in televisione, ha esordito sul grande schermo in The Quiet Family (1998) di Kim Jee-woon, mentre negli ultimi anni si è fatta apprezzare per le interpretazioni di personaggi secondari chiave in Crying Fist (2005) e You Are My Sunshine (2005).  Attrice dotata, è capace di infondere vitalità ai suoi personaggi senza che vi sia il minimo accenno di artificio o di esagerazione. In Cruel Winter Blues proietta un aspetto esteriore di durezza, frutto di una vita di stenti, ma lo combina con una vulnerabilità quasi impercettibile che è raramente espressa a parole.

Il film stesso è diretto con una rivalutazione realistica della campagna coreana, semisviluppata e cementificata. Cruel Winter Blues si situa all’estremo opposto dei colori brillanti e della fotografia patinata che caratterizzano la maggior parte dei film coreani contemporanei, adottando un’estetica che molti coreani assoceranno alla pasta di fagioli fermentata (doenjang), un cibo che può sembrare puzzolente e poco invitante, fino a che non si inizia ad apprezzare il suo sapore salato.

Se di ottimismo si può parlare per Cruel Winter Blues, esso non consiste nella speranza che il mondo un giorno diventerà un posto migliore, o che la gente imparerà dai propri errori e condurrà una vita più felice; ma ci porta a trovare incoraggiante la presenza di un’umanità inespressa in luoghi dove non ci aspetteremmo mai di trovarne. Alcuni spettatori potranno considerarla una magra consolazione in un mondo in cui ci sono molte cose da mettere a posto, ma c’è una tale onestà in questo film che conferisce una forza inattesa anche al più piccolo barlume di speranza.

Darcy Paquet
FEFF: 2007
Regia: Lee Jung-bum
Anno: 2006
Durata: 118'
Stato: South Korea

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