Nel suo primo lungometraggio, Sakuran, la fotografa divenuta regista Ninagawa Mika prende a soggetto non le solite geishe, ma le oiran (cortigiane della classe alta) di Yoshiwara nell’epoca Edo (1600-1867). Yoshiwara è il distretto della vita notturna che è stato l’emporio della carne per tutti, dalla élite dei samurai ai membri della classe lavoratrice Taros per centinaia d’anni.
Ninagawa veste le sue attrici e arreda i set in una sarabanda teatrale di colori, con un’indifferenza insolente per la fedeltà storica. I bordelli dell’epoca avevano le stesse favolose, stravaganti composizioni floreali di Sakuran? Le prostitute, anche le elitarie oiran, indossavano ogni notte kimono così favolosi? La risposta è un grande, tonante “no” – ma Ninagawa ha le sue ragioni.
Diversamente da Rob Marshall, che in Memorie di una Geisha ha imposto alla sua geisha un modello romanticizzato occidentale (o meglio, di Broadway), Ninagawa vede le sue oiran non come le vittime inermi di un crudele sistema patriarcale o come il prodotto idealizzato dei sogni erotici maschili, ma come giovani donne vive e complete, con desideri, sogni e gusti immediatamente riconoscibili per le loro pari del XXI secolo. Inoltre, la regista non è una trascurata curatrice di polverosi artefatti culturali, ma un’artista sui generis che reimmagina quel periodo in modo flamboyant ma perspicace. Il suo Yoshiwara sarà anche più colorato di quello reale, ma esprime vividamente il fascino e la bellezza che sono il nucleo dell’attrattiva del luogo, mentre ne espone la realtà quotidiana, dal triviale al tragico.
La sua eroina è Kiyoha (Tsuchiya Anna), che è stata portata a Yoshiwara ancora bambina - e che lo odia. Ha cercato di fuggire dal bordello a ogni opportunità, ma è sempre stata riportata indietro da Seiji (Ando Masanobu), il bancho (impiegato capo) del bordello, implacabile ma comprensivo. Kiyoha mal sopporta la supervisione di Shohi (Kanno Miho), una furba oiran che la guarda dall’alto in basso come una contadina ignorante, ma alla fine decide di diventare lei stessa una oiran. Come membro della élite di Yoshiwara, lei potrà chiedere ingenti somme di denaro per i suoi favori e forse, come Shohi, potrà andarsene via al braccio di un ricco danna (mecenate). Questa, lo sa bene, è la sua sola via d’uscita possibile.
All’età di 17 anni, Kiyoha incontra il suo primo cliente, il vecchio e gentile mecenate della oiran principale del bordello, l’arrogante Takao (Kimura Yoshino). Poi si innamora del giovane, sensibile Sojiro (Narimiya Hiroki) - e fa cadere tutte le sue maschere (da bel biscottino, da professionista elegante…). Così facendo, rischia la rovina. In un lavoro che vende l’illusione dell’amore, l’amore reale è l’emozione più pericolosa di tutte.
Kiyoha suscita anche la gelosia di Takao quando uno dei clienti della oiran, il pittore Mitsunobu (Nagase Masatoshi), comincia a mostrare interesse per lei.
Malgrado la storia d’amore e la rivalità, Kiyoha diviene una oiran, riceve un nome nuovo - Higurashi - e diventa una diva di Yoshiwara. Alla fine un ricco samurai (Shiina Kippei), appare come il danna che la renderà libera. Ora però lei è come il pesce che nuota nell’acquario del bordello: una creatura appartenente al suo ambiente chiuso e protetto. La libertà è arrivata troppo tardi?
Nei panni di Kiyoha/Higurashi, Tsuchiya Anna domina la scena con una verve spavalda che ricorda la sua motociclista di Kamikaze Girls (Shimotsuma Monogatari), ma con sprazzi di una vulnerabilità mai mostrata prima. Non ci prova neanche a fare un’interpretazione da film storico - o piuttosto a scimmiottare i cliché dei drammi in costume; e così appare totalmente autentica.
La colonna sonora dell’artista pop Shiina Ringo esprime perfettamente la visione del film che “le cose di una volta sono attuali”, ondeggiando ferocemente in un eclettico mix di jazz, pop e altri stile - che è l’opposto a 180 gradi dai suoni pseudo “giapponesi” di Memorie di una Geisha. Proprio come lo è Sakuran.