Black House

Black House, coprodotto dalla Kadokawa e dalla CJ Entertainment, è tratto da un premiato romanzo, uno fra i primi, dello scrittore giapponese Kishi Yusuke. La storia vede come protagonista un perito assicurativo, che viene risucchiato dentro una terribile rete di inganni, mutilazioni e omicidi messi in atto da uno psicopatico in confronto al quale Norman Bates sembra Spongebob. Il romanzo era già stato portato sullo schermo nel 1999 dal celebre regista Morita Yoshimitsu (Family Game, Lost Paradise): un adattamento abbastanza buono, con uno strano tono semiserio, dove spiccavano l’interpretazione magistrale di Otake Shinobu e l’utilizzo di armi inusuali, come una palla da bowling gialla ricoperta di schegge di vetro. Nel complesso non era un brutto thriller, ma a quanto pare non piacque né all'autore originale né ai capi della Kadokawa. Ritenendo che fosse un buon materiale di base, utilizzabile ulteriormente, la Kadokawa decise di affidare la storia alla CJ e al produttore Yu Il-han (anche lui scrittore di horror) perché ne facessero una versione coreana.
Lasciatemi dire subito una cosa: come adattamento cinematografico di Kishi Yusuke, del quale sono un grande ammiratore, la versione coreana di Black House lascia molto a desiderare. Specialmente nella prima parte, il film ha un sapore un po’ anonimo come pasta di formaggio in tubetto: ed effettivamente, sotto alcuni aspetti ha l’aria del remake hollywoodiano di un film asiatico di genere, dove il livello di sangue e di violenza si impenna ma la maggior parte dell’interesse dei personaggi originali e della narrazione intricata risultano compromessi. La sceneggiatura di Lee Young-jong inventa un trauma infantile piuttosto ritrito per il protagonista Jun-o (che si risolve prevedibilmente in un finale a suspence), mentre trasforma uno dei personaggi più affascinanti e complessi del romanzo, l’agente della società, Miyoshi, in un crudele bruto con la mania del filo interdentale.  
Nonostante queste debolezze, comunque, Black House funziona come horror psicologico, distante anni luce dalla solita robaccia infestata di ICS (Inutili Cloni di Sadako) della stagione estiva. Come, ad esempio, per Blood Rain, la potenza del film deve molto alla superba scenografia (supervisionata da Jo Hwa-sung e altri) e alla competente direzione della fotografia e dell’illuminazione (Lee Sung-jae, The World Of Silence, e Choe Joo-young, Fly Daddy Fly). La tana dello psicopatico, sporca di sangue e di sudiciume, con la sua aria improvvisata fra il mattatoio e la sala operatoria, è terrorizzante e sconvolgente, e offre agli interpreti largo spazio per dipingere realisticamente la loro terribile prova nelle mani del villain.
Hwang Jeong-min, uno dei migliori caratteristi attualmente attivi in Corea, è un protagonista assolutamente credibile e sensibile, anche quando sembra avere il ruolo di portavoce (ancora) di una fede liberale in stile hollywoodiano nell’essenziale umanità del mostro. Yoo Sun, che precedentemente aveva interpretato l’interessante ma poco riuscito The Wig, è una scelta sorprendente nel ruolo della madre handicappata del ragazzo morto, ma è molto convincente nel ritratto di una donna che ha un’arcana vacuità nello sguardo, che gli uomini confondono con una sorte di torpore indotto dal dolore o dallo sfinimento emotivo.
Il film culmina in una serie di confronti grandguignoleschi, assurdi ma estremamente pieni di suspence, che, con mia sorpresa e sollievo, non portano ad una surrettizia “riabilitazione” del malvagio attraverso l’intrusione di convenzioni melodrammatiche. Il mostro rimane mostro fino alla fine; non ci sono abusi sessuali, complessi freudiani o un “desiderio non corrisposto di essere amato” che spieghino perché è diventato quello che è diventato. Tenendo fede alla nerissima conclusione di Kishi e mettendo il mostro completamente senza anima (ma non per questo senza attrattiva) al centro del film, Black House in ultima istanza riesce a recuperare gran parte della buona volontà che si era persa inizialmente per il modo un po’ trasandato in cui è stato adattato il romanzo.
Kyu Hyun Kim
FEFF: 2008
Regia: SHIN Terra
Anno: 2007
Durata: 103'
Stato: South Korea

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