Shadows In The Palace

Il palazzo della Dinastia Joseon è diviso in due parti, come le atrii del cuore. Una parte appartiene alle donne (Gungnyeo, che significa “donna del palazzo”, è il titolo coreano del film). Vincolate alla segretezza, alla sottomissione e al nubilato, le donne del palazzo ufficialmente dedicano la loro vita al benessere del re e del suo giovane erede. Dietro le porte chiuse, tuttavia, le dinamiche sono molto più complicate.
Shadows In The Palace è il film d’esordio di Kim Mee-jeung, che ha lavorato con la troupe di King And The Clown (2005) e Once Upon A Time In A Battlefield (2003). Girato con un budget relativamente basso sfruttando i vecchi set di King and the Clown e di altri film (che tuttavia non si riconoscono: le immagini sono abbaglianti), il film può essere considerato una fusione di generi: in parte dramma storico, in parte giallo, in parte horror alla giapponese.
Riuscire a seguire tutti i nomi e le svolte della trama è una vera sfida, quindi eccone un riassunto: il re (che si vede poco sullo schermo) non ha avuto eredi dalla regina, tuttavia la concubina Heebin ha dato alla luce un figlio maschio. La regina madre insiste affinché il bambino venga ufficialmente adottato dalla regina, ma Heebin oppone resistenza, rendendosi conto giustamente che potrebbe essere facilmente eliminata dopo l’adozione. In questa situazione di stallo molto tesa, la damigella più fidata di Heebin viene trovata morta, suicida. O forse no? Chun-ryung, una dottoressa di corte, scopre che in realtà è stata strangolata. Per di più, ci sono segni che indicano che la damigella aveva avuto un figlio in passato, cosa che sarebbe stata assolutamente proibita secondo le leggi del palazzo. Ignorando l’ordine di insabbiare il caso, Chun-ryung si muove alla ricerca di risposte.
Oltre al cast quasi tutto al femminile, anche regista, produttore e produttore esecutivo di Shadows sono donne. Tuttavia, quegli spettatori che si aspettano un film più pacato e delicato si troveranno davanti una spiacevole sorpresa: il film contiene crudeltà medievali in grado di competere con qualunque suo contemporaneo di genere, comprese unghie strappate, chiodi nella carne e mani mozzate. La violenza riflette la crudeltà di un sistema dove le donne e i loro corpi sono solamente ruote dell’ingranaggio. Il sacrificio psicologico è visibile sui volti delle donne – anche di quelle che riescono a farsi strada per arrampicarsi verso la sommità.
Il cast variato, gran parte del quale è composto da attori conosciuti in Corea ma non ancora divi, contiene una altrettanto vasta gamma di interpretazioni. La più notevole è quella di Park Jin-hee (Love Talk) nei panni della protagonista Chun-ryung. Io sono un ammiratore dello stile immediato e diretto di Park, anche se qui forse le è stato assegnato un ruolo inadatto. La spinta interiore di Chun-ryung - il suo bisogno di conoscere la verità ad ogni costo - è il motore narrativo del film, ma in questo contesto non è abbastanza convincente. Tuttavia, molte delle altre interpretazioni sono piuttosto efficaci, in particolare quella di Kim Seong-ryeong, nei panni della terribile sovrintendente, che ha completamente fatto sue le spietate rigidità della disciplina di palazzo.
Shadows si muove rapidamente, e mentre si sviluppa verso la conclusione, gli elementi fantasy/horror che si celavano negli angoli iniziano a muoversi all’aperto. Allo stesso tempo, tuttavia, i temi più ampi del film, riguardanti l’oppressione e il potere, iniziano a essere messi a fuoco. Veniamo portati a credere che l’insieme delle rigide regole che governano il palazzo sia una forza insormontabile, ma gli eventi possono rivelarci il contrario.
Probabilmente non sarà mai possibile riuscire a capire completamente com’era la vita per le persone che vivevano nei secoli passati, a causa della mancanza di testimonianze e del vasto divario culturale tra la nostra epoca e la loro. I film ambientati nel passato solitamente finiscono per raccontarci di più sulla società contemporanea che sull’epoca portata sullo schermo. Ma c’è forse qualcosa di male in tutto ciò? Più che ogni altra cosa, sono l’energia concettuale e lo slancio narrativo di Shadows a renderlo uno dei più emozionanti film coreani dell’anno.
Darcy Paquet
FEFF: 2008
Regia: KIM Mi-jeong
Anno: 2007
Durata: 112'
Stato: South Korea

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