Ip Man

La vita di Yip Man, il maestro di kung fu celebre per aver diffuso lo stile di arti marziali wing chun, approda al grande schermo con Ip Man. Yip, scomparso nel 1972, è noto per aver insegnato nella Hong Kong del dopoguerra, dove il suo miglior allievo di wing chun negli anni Cinquanta era nientemeno che Bruce Lee, allora adolescente. Ma non è questa compagnia illustre il fulcro della storia, che invece ha inizio nel 1935, si svolge durante l’occupazione giapponese di Foshan, città natale di Yip nel sud della Cina, e termina prima della sua fuga alla volta di Hong Kong nel 1949.

Yip Man (Donnie Yen) ci viene presentato nel periodo in cui è un maestro di arti marziali benestante e famoso nella Foshan prebellica, e le sue abilità vengono subito esibite in un incontro amichevole con un avversario del posto. Dopo uno scontro ancor più duro con un rissoso avversario del nord (Louis Fan), è chiaro che in questa città è Yin l’uomo da sconfiggere e, in seguito all’invasione della Cina da parte del Giappone, lo capiscono anche le forze di occupazione. Durante la guerra, costretto a spalare carbone per sbarcare il lunario dopo la confisca del suo palazzo, Yip finisce per essere notato dal Generale Miura (Ikeuchi Hiroyuki), il quale gli ordina di insegnare la sua arte ai giapponesi.

Il fermo rifiuto di Yip a Miura è l’apice dell’intenso patriottismo di Ip Man, ultimo di una lunga serie di film sulle arti marziali che raccontano di eroi cinesi che si oppongono agli aggressori stranieri. Tuttavia, ai cineasti piace intrecciare a questa trama anche elementi di altro tipo, in particolare all’inizio quando Yip cerca di trovare un equilibrio tra il kung fu e la placida vita familiare, e quando insegna il wing chun al personale tiranneggiato di un cotonificio. L’aspetto meno convincente di Ip Man, tuttavia, è la scarsa fedeltà come film biografico, e la poca chiarezza di certi dettagli storici, trascurati o perfino ignorati. Ad esempio, perché la fabbrica gestita da Zhou (Simon Yam), amico di Yip, è in grado di continuare l’attività nonostante l’occupazione, mentre i contadini disperati devono ricorrere ai lavori forzati, se non peggio?

Ciononostante, come spettacolo di arti marziali ad alto profilo e come descrizione libera del suo protagonista, Ip Man è uno dei più impressionanti film d’azione di Hong Kong degli ultimi anni. Il segreto di questo successo è l’interpretazione misurata di Donnie Yen, piacevolmente riservato e così più accessibile, rispetto ai film che ha interpretato per il regista Wilson Yip negli ultimi anni. Le mosse di wing chun sono dirette e mai appariscenti, il che crea un avvincente contrappunto quando l’eroe sfida gli accaniti avversari del nord e i nemici giapponesi. Lo schema a torneo che ha funzionato in tanti film sul kung fu si insinua qui come resa dei conti nel quartier generale giapponese in loco e in un palcoscenico all’aperto, mentre la coreografia dell’azione, le riprese e il montaggio rendono i combattimenti efficaci e allo stesso tempo leggibili. Al suo arrivo nei cinema nel dicembre del 2008, sia il pubblico di Hong Kong sia quello cinese hanno risposto bene all’epopea, e quindi non c’è da stupirsi che i produttori del film abbiano già accelerato i progetti di sequel sulla vita di Yip a Hong Kong.
Tim Youngs
FEFF: 2009
Regia: Wilson YIP
Anno: 2008
Durata: 107'
Stato: Hong Kong

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