Bandage è diretto dal produttore musicale Kobayashi Takeshi, benché a livello tematico e formale sia perlopiù frutto del lavoro dello sceneggiatore e produttore Iwai Shunji.
Regista di punta della new wave degli anni Novanta, Iwai è salito alla ribalta nel 1995 grazie al successo del dramma romantico Love Letter, in cui spicca la sua abilità nel cogliere ogni fremito emotivo della protagonista con un uso della macchina da presa nervoso e ritmi di montaggio originali. È dal 2004, con il dramma giovanile Hana & Alice, che Iwai non dirige lungometraggi, ma è stato molto attivo nel campo della produzione, oltre ad avere realizzato un documentario sul regista Ichikawa Kon nel 2006 e contribuito al film a episodi New York, I Love You (2009).
Anche in Halfway, pellicola del 2008 che narra le pene di un amore adolescenziale, prodotto da Iwai e diretto da Kitagawa Eriko, si sente il tocco della mano di Iwai, dal lirismo delle inquadrature all Kitano Kie.
Ritroviamo l’attrice come protagonista di Bandage, ancora una volta nei panni di una liceale i cui travagli tipici della maggiore età questa volta si dipanano quasi interamente al di fuori del campus, sulla scena musicale dei primi anni Novanta.
I Lands, una band indie, stanno per sfondare quando due amiche - Asako (Kitano) e Miharu (Anne) - assistono alla loro esibizione in un locale e restano affascinate, soprattutto dal lunatico cantante Natsu (Akanishi Jin). Enorme è la loro gioia quando vengono miracolosamente invitate a una festa dopo il concerto - finché il ruvido manager del gruppo, Yukari (Ito Ayumi), non le invita a levarsi di torno dopo il primo drink.
Tutt’altro che scoraggiata, Asako diventa la laboriosa e bistrattata assistente di Yukari, che pur riconoscendo la sua propensione al lavoro ingrato di manager di una band, manifesta perplessità sulle sue motivazioni. L’unico vero alleato di Asako è di fatto l’egocentrico, ma in fondo onesto, Natsu, che le rimane amico malgrado non sia riuscito a inserirla nel novero delle sue conquiste. Per contro, gli altri componenti della band la giudicano con malcelato disprezzo.
Perché allora darsi tanta pena? Invece di sbandierare a gran voce le sue ragioni, secondo i canoni tipici del dramma adolescenziale giapponese, Bandage le lascia avvolte in una sorta di mistero, tale anche per Asako stessa.
La ragazza tiene Natsu a debita distanza, non come tattica per sedurlo, ma perché l’istinto le dice che cedendo manderebbe in fumo tutti i suoi sogni, da quelli professionali a quelli personali. Asako è insieme un’idealista e una fan, che ammira il talento compositivo di Natsu e detesta vedere il suo lavoro commercializzato. Però il gruppo, Natsu compreso, muore dalla voglia di sfornare una hit, quindi rielabora una delle sue canzoni con sonorità più vendibili, ottenendo un pezzo J-pop orecchiabile che schizza in vetta alle classifiche.
La fama tuttavia si rivela effimera e lezioni più dure attendono Asako, sia riguardo alla musica che all’amore.
Tutto ciò forse sembra un quadro a tinte fosche, però il film mostra anche come l’esperienza della band possa diventare così appassionante, dalla scarica di adrenalina degli spettacoli ai piaceri, sessuali o d'altro genere, dopo il lavoro. Benché porti le proprie emozioni scritte in faccia (ovvero sui lineamenti espressivi di Kitano), Asako non è affatto una mammoletta. Al contrario, continua a sgobbare anche dopo ripetuti oltraggi e inciampi, con una tenacia rara per un genere in cui le eroine sono solite spuntarla grazie alla purezza di cuore piuttosto che al carattere deciso.
La storia è ancorata alla realtà di un panorama musicale ben noto a Iwai e a Kobayashi, che ha collaborato anche al fortunatissimo film di fantascienza Swallowtail (1996) di Iwai.
Jin Akanishi, cantante del gruppo pop KAT-TUN, è una vera rock star come il suo personaggio di Natsu, la cui illusoria bolla di notorietà e considerazione di sé non sembra tanto costruita quanto piuttosto cresciuta in modo naturale, come muschio su una roccia.
Il film comunque appartiene a Kitano, una ragazza piccolina dal cuore e dal talento enormi al cui confronto gli altri idoli adolescenziali sembrano nullità sorridenti.
Mark Schilling