Gli spettatori che si struggono per un vero ritorno a quel kung fu alla buona e vecchio stampo del cinema di Hong Kong di una volta, con Gallants verranno accontentati. E saranno felici anche gli appassionati di cinema, che potranno immergersi in una magica celebrazione della cultura e del patrimonio cinematografico hongkonghese. Non ci saranno i megadivi moderni ad allettare le masse, ma la briosa commedia di arti marziali dei co-registi Derek Kwok e Clement Cheng li rimpiazza con la divertente coreografia d’azione, la sceneggiatura intelligente, le animazioni accattivanti e persino degli omaggi, nella colonna sonora, agli spaghetti western italiani, tanto influenti in passato nel cinema di Hong Kong.
L’azione punta agli schermi quando un gracile impiegato leccapiedi, Cheung (Wong You-nam), viene spedito in un villaggio lontanissimo per conto della società immobiliare per cui lavora, per sbrogliare una questione relativa a certi diritti di proprietà difficili da ottenere. Due maestri di arti marziali (i divi degli anni Settanta Chen Kuan-tai e Leung Siu-lung) hanno il loro quartier generale nella casa da tè locale, che una volta ospitava la scuola di kung fu del loro mentore, Maestro Law (Teddy Robin), ma che ora vive tempi meno felici. Il loro maestro giace al piano di sopra, in coma da decenni, ma torna repentinamente alla vita quando il proprietario, nonché capo della palestra, Maestro Pong (Chan Wai-man), progetta di sgomberare il locale per adibirlo a un uso diverso. Uno scherzo del destino porta Cheung nella casa da tè, insieme a Kwai, una ragazza davvero tosta (Jia Xiaochen); e in breve tempo il Mastro Law inizia a allenare una squadra per un torneo di arti marziali che si svolgerà nella sede stessa del Maestro Pong.
Grazie alla collaborazione dell’asso delle coreografie d’azione Yuen Tak (She Shoots Straight, Fong Sai-Yuk), e dell’esperto di combattimenti per lo schermo Lo Meng, le scene di kung fu in Gallants sono decisamente di prima qualità. I combattimenti esagerati sono realizzati con mosse pulite e muscolari di combattenti qualificati, e non sono guastati dal montaggio rapido e dal sangue aggiunto con la computer grafica, che sono ormai uno standard nei film più deboli. Anche il minuto Teddy Robin, che non è un divo delle arti marziali, mastica il kung fu con apparente facilità. La scelta del cast è esemplare, sia per il riferimento a film precedenti (la parte di Chen richiama il suo film del 1974 The Teahouse), sia per la scelta di attori in ruoli per loro insoliti (come il personaggio romantico e appassionato di Susan Shaw) sia per il modo in cui attinge ai talenti dei giovani attori (il rapper MC Jin regala un bel ritmo al suo personaggio).
Kwok e Cheng amano enfatizzare le regole del cinema del passato e fanno un buon uso delle ambientazioni vecchio stampo, cosicché il loro film, quando arriverà in sala questa estate, potrebbe collocarsi proprio al centro dell’attuale ondata di nostalgia hongkonghese. I nomi dei personaggi appaiono solennemente sullo schermo come si faceva nei film dei primi anni Settanta; lo sfruttatissimo tema del torneo viene affrontato in un modo nuovo e la colonna sonora di Teddy Robin è una deliziosa versione di temi dell'Euro-western.
Soprattutto, in ogni sua parte il film si sforza di sottolineare l’identità hongkonghese, il rispetto della tradizione locale e i meriti della dedizione totale in tempi difficili. Il tema scottante della speculazione edilizia selvaggia è infilato dentro per aggiungere mordente, come pure il concetto che il marketing appariscente non deve far dimenticare le virtù di pratiche secolari.
È in quest’ultimo punto che i due registi eccellono particolarmente: il loro è un lavoro a basso costo, senza effetti high-tech, senza grandi divi di richiamo e radicato in un genere che i giovani di Hong Kong ripudiano; ma grazie agli sforzi coraggiosi della sceneggiatura e della produzione, con passo sicuro e giovanile energia Gallants tira pugni che vanno ben oltre il suo peso.
Tim Youngs