Con Hiroshima 28, girato in occasione del 28° anniversario del bombardamento atomico del Giappone nel 1945, Patrick Lung Kong porta ai massimi livelli il suo cinema, affrontando un argomento di rilevanza internazionale. Lavorando soprattutto on location, con un cast e una troupe esigui, Lung Kong ha saputo creare un insolito melodramma familiare sul quale si stende l’ombra degli orrori della guerra, e ha manifestato una ferma opposizione alla guerra nucleare.
Josephine Siao interpreta Yoshiko, una guida turistica di Hiroshima che accompagna in giro un reporter di Hong Kong, il quale sta facendo una ricerca sulle conseguenze del bombardamento. È un’eredità che Yoshiko conosce anche troppo bene: “La bomba sganciata 28 anni fa ha distrutto la mia vita”, dichiara a un certo punto. Quando per la giovane donna si parla di matrimonio, la sua famiglia vuole tenere nascosto il fatto che lei sia la figlia di una sopravvissuta alla bomba, per non alimentare i timori dei potenziali parenti acquisiti per gli effetti delle radiazioni. In effetti, la ragazza si ammala di leucemia: nel suo caso si tratta di un risultato di seconda generazione del bombardamento.
Per il modo in cui affronta i problemi della guerra fredda, Hiroshima 28 è un’opera coraggiosa ma imperfetta. Il dramma sentimentale nella famiglia centrale (nella quale vi è più di un segreto nascosto) rasenta l’eccesso, e a volte il ritmo è prolisso. Anche l’idea di attori cinesi che interpretano personaggi giapponesi può apparire inusuale agli spettatori, sebbene il concetto esista ancora nel cinema hongkonghese moderno (come si può vedere nel film a grosso budget del 2005 Initial D).
All’uscita del film, nel 1974, l’idea che un regista di Hong Kong andasse in Giappone per fare un film del genere non era piaciuta tanto in patria, dove Lung Kong venne redarguito per essersi dimostrato troppo comprensivo nei confronti dei giapponesi. La reazione negativa (malgrado il film parlasse anche delle atrocità commesse dai giapponesi durante la guerra) in sostanza coprì il messaggio del film - che resta validissimo anche ai giorni nostri. Il film si apre con solenni spezzoni di repertorio, poi martella insistentemente il su punto di vista fino al monologo finale. Nei panni del reporter, Lung Kong suggerisce la futilità del movimento pacifista, e come sceneggiatore-regista sottolinea che, anche se la guerra è inevitabile, le armi nucleari non devono assolutamente entrarci. Un altro bombardamento come quello di Hiroshima creerebbe vittime per generazioni a venire.