Kimmy Dora

Kimmi, femme fatale tenace e intelligentissima, dirige l’attività del padre con un polso che ha portato la società Go Dong Hae ai vertici. Il suo unico punto debole è per l’impiegato Johnson, che si trova a dover sopportare le sue attenzioni continue e le sue avances allusive corredate di frasi del tipo: “Il rifiuto è il migliore afrodisiaco”. L’elemento molesto nella vita di Kimmy è rappresentato dalla sorella gemella Dora, con la quale ha in comune ben poco oltre al fisico procace. Benché siano gemelle, Dora è infatti il suo esatto opposto: una creatura semiritardata, affettuosa, gentile e sollecita che viene meno agli obblighi nei confronti dell’attività familiare e, con sommo orrore di Kimmy, attira e ricambia le amorevoli premure di Johnson. Il padre delle ragazze narra i dettagli delle loro origini. Kimmy è nata per prima e Dora, all’insaputa dei genitori, è rimasta nel ventre materno, da cui è uscita una settimana dopo mentre la madre si trovava in bagno.
Di conseguenza Dora ha battuto la testa contro la tazza del water, subendo un danno cerebrale, e la madre è morta durante il parto. Le gemelle erano molto unite da piccole, finché una grave febbre tifoidea non ha trasformato Kimmy in una donna brillante ma dura e aggressiva, che si esprime quasi esclusivamente in inglese, al contrario di Dora che parla perlopiù filippino. Quando il padre Go Dong Hae redige un testamento dove lascia gran parte della sua fortuna a Dora (supponendo che Kimmy sia in grado di badare a se stessa), il subdolo avvocato Harris si offre di aiutare Kimmy a volgere la situazione in suo favore. Il piano conduce al falso rapimento di Kimmy, ossia Dora che assume l’identità della sorella per il bene della società, e a un climax che vede le gemelle prendersi a botte davanti agli occhi di una confusa squadra SWAT, incapace di distinguere Kimmy da Dora.
Questa opera prima della neonata casa di produzione indipendente Spring Films vanta comunque un eccellente pedigree da industria mainstream (soprattutto Star Cinema): Joyce Bernal, regista filippina tra le più acclamate, Piolo Pascual, produttore di prim’ordine, e Chris Martinez, che ha scritto successi di cassetta per Chito Roño (Caregiver, Sukob) e Jeffrey Jeturian (Bridal Shower), oltre a essere un regista a pieno titolo (100). Inoltre gli interpreti Eugene Domingo e Dingdong Dantes hanno già lavorato al cinema e in tv con Joyce Bernal. Si tratta di una squadra che è riuscita a realizzare un lavoro accurato e ben integrato nel difficile sottogenere della commedia della confusione.
Joyce Bernal orchestra il caos con evidente godimento nel pasticcio di messaggi ingarbugliati, false identità, convenzioni cinematografiche scombiccherate (l’inseguimento di Kimmy da parte dei sicari è un sovvertimento tipico), aggiudicandosi un posto d’onore nella commedia accanto a Frank Tashlin e Michael Hui, messo in ulteriore risalto dalla scelta di una protagonista donna (in antitesi al classico attore comico maschio). È evidente che Kimmy e Dora incarnano le due facce dell’idealich della Bernal e invero le gemelle calzano a pennello con la definizione freudiana del narcisismo, le cui quattro dimensioni sono tutte rappresentate nella storia del film: “(a) quel che egli stesso è (cioè se stesso); (b) quel che egli stesso era; (c) quel che egli stesso vorrebbe essere; (d) la persona che in passato una parte è stata del proprio sé”. Kimmy e Dora stanno alla commedia del XXI secolo come Buddy Love e Julius Kelp stavano a quella del XX secolo, e Joyce Bernal dimostra ancora una volta di essere la regista di commedie più raffinata attualmente in circolazione nel mondo asiatico.
Roger Garcia
FEFF: 2010
Regia: Joyce BERNAL
Anno: 2009
Durata: 105'
Stato: The Philippines

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