Hyung-man (Ahn Sung-ki) è un uomo sulla cinquantina che conduce un’esistenza metodica e solitaria; gestisce un piccolo negozio in cui ripara macchine fotografiche e la sua specialità in questo complicato lavoro attira clienti da tutta la città. Ha anche molto talento per la fotografia, sebbene per lui si tratti più di un passatempo che di una vocazione. È ancora scapolo, e in realtà non è mai uscito con una donna. Se il mondo fosse giusto, finanziariamente lui sarebbe al sicuro, ma alcuni anni prima uno dei suoi migliori amici gli ha sottratto i risparmi di una vita ed è fuggito. Da allora la sua vita non è stata più la stessa.
È dunque sbalordito e disorientato quando il suo ex amico lo chiama sul letto di morte per fargli delle scuse decisamente poco convincenti e, in più, anche una richiesta. La figlia dell’uomo, Nam-eun (Lee Ha-na), che ha circa vent’anni, rimarrà sola dopo la sua dipartita, e l’uomo gli chiede per favore di passare a casa sua di tanto in tanto per dare un’occhiata alla ragazza. Hyung-man sente giustamente di non dovere nulla al suo amico, ma la figlia non gli ha fatto nulla di male, e alla fine decide di andare a trovarla.
Ritengo sia corretto dire che un sunto di una sola riga (un uomo sulla cinquantina e una ragazza di vent’anni si incontrano, si innamorano e iniziano una relazione) non risulterebbe particolarmente interessante per la maggior parte degli spettatori (ad eccezione, forse, dei cinquantenni!).
Ma il trentaquattrenne regista indipendente Shin Yeon-shick presenta la sua storia in un modo così sfumato e sensibile da incoraggiare lo spettatore a considerare una simile relazione con mente aperta. Per certi versi The Fair Love potrebbe essere definito una storia d’amore, per altri versi una commedia, ma soprattutto si tratta semplicemente del ritratto di due persone sole e di come decidono di gestire la solitudine nella loro esistenza. Grazie a due intense interpretazioni a al punto di vista empatico del regista, la storia lascia nello spettatore un ricordo durevole.
La prima metà del film è particolarmente memorabile, con la presentazione dei personaggi e degli spazi quotidiani in cui essi si muovono. C’è qualcosa di speciale nella bottega in cui il protagonista ripara le macchine fotografiche: la sua miriade di strumenti e oggetti, l’interazione tra le persone che ci lavorano o che ci bazzicano, comunicano un fascino tranquillo. C’è qualcosa di attraente anche nella casa di Nam-eun, per quanto vuota e ordinaria essa sia.
Ma a fissarsi nella mente dello spettatore sono essenzialmente le scene in cui Hyung-man e Nam-eun cominciano a conoscersi: quella sottile energia e quella tensione emotiva tra i due personaggi che molti melodrammi cercano, senza riuscirci, di creare. Gran parte del merito va all’interpretazione di Lee Ha-na, insieme a dei dialoghi ben scritti.
La seconda metà della storia presenta più di una sfida narrativa; quella che inizialmente ci sembra una coppia anticonvenzionale o bizzarra, diventa normale man mano che conosciamo meglio i due personaggi e ne adottiamo la prospettiva. Hyung-man inizia a provare sentimenti e perfino a comportarsi come un adolescente innamorato (cosa esilarante per lui e imbarazzante per lo spettatore). Ma in fin dei conti si tratta di una coppia come tutte le altre. The Fair Love mantiene una prospettiva realistica mentre si muove verso la conclusione, ma il film, che all'inizio sembrava così originale, termina su una nota più convenzionale.
Il titolo di questo lavoro (che in coreano è semplicemente una trascrizione dell’inglese) non fa riferimento al fair di My Fair Lady, ma al detto “In guerra e in amore tutto è lecito [fair]”. Si tratta di un titolo scomodo che fa riflettere e che ben rispecchia il personaggio e i punti di forza del film nel suo complesso. Si tratta di una relazione lecita? E i due sono onesti l’uno con l’altro? E, ancora, si tratta di fair play in termini di regole sociali? È un merito del film il fatto che non risponda mai completamente a nessuna di queste domande.
Darcy Paquet