The Horizon Glitters

The Horizon Glitters (Chiheisen ga Gira-gira! 1961), commedia nera di Doi Michiyoshi basata su un racconto di Fujiwara Shinji, narra di un’evasione che finisce male ed è completamente diverso da tutti gli altri lungometraggi della Shintoho dell’epoca.
Uscito subito prima del tracollo della compagnia, The Horizon Glitters costituisce un’opera unica e irripetibile, realizzata con una libertà e un’energia che rasentano l’anarchia, e che non rientra nei canoni abituali dei film di genere. Vi sono echi dei film hollywoodiani che hanno influenzato la generazione di registi nipponici cui appartiene Doi, come Il tesoro della Sierra Madre di John Huston (1948), La parete di fango di Stanley Kramer (1958) e persino i road movie sempliciotti di Bing Crosby e Bob Hope.
Ma come classificare il personaggio di Jerry Fujio, un proto-punk logorroico che non riconosce nessuna autorità, fuori o dentro le mura del carcere? Non è un personaggio sensibile alla James Dean: battersi gli viene più naturale che respirare. Non è un lunatico solitario alla Marlon Brando: è un vulcano pieno di sé, e non gli importa che lo si sappia.
Il film comincia con delle brevi scenette che spiegano come mai cinque detenuti finiscono nella stessa cella: Ota detto “Capone” (Tatara Jun), Matsuda chiamato “il Professore” (Amachi Shigeru), Tsuchiya alias “il barista” (Oki Ryuji), Ohira detto “Irokichi” (Otsuji Saburo) e un marinaio trafficante di droga conosciuto solo come “Mostro Marino” (Harumi Yuzo). Capeggiato dallo scontroso Capone, il quintetto conserva un’armonia approssimativa, fino a quando un nuovo prigioniero altezzoso viene gettato nella mischia. Soprannominato “‘Mite” (diminutivo di “Dinamite”), il nuovo arrivato tiene fede al suo nome, e tratta i suoi compagni di cella con un disprezzo sconsiderato che in breve conduce a un’esplosione di rabbia.
Indomito malgrado il pestaggio che ne consegue, ‘Mite sembra destinato a finire presto in infermeria, e a portarsi dietro molti dei suoi avversari, quando annuncia casualmente di sapere dove si trova un nascondiglio segreto pieno di diamanti.
Dopo aver deciso che non sta mentendo, i suoi compagni di cella improvvisamente vogliono essergli amici, un nuovo atteggiamento che ‘Mite considera gli sia naturalmente dovuto. Ma come faranno a entrare in possesso di quella fortuna prima di finire di scontare le loro condanne?
La loro unica opzione è l’evasione. Dopo aver superato le mura della prigione e aver rubato alcuni abiti civili, si dirigono verso la casa di “Mostro Marino”, che è stato rilasciato da poco. Il loro ospite, però, cerca di uccidere l’inetto Irokichi, e aumentare così la sua parte di bottino, ma è lui che finisce per essere eliminato. Quanti altri andranno incontro al proprio destino prima di mettere le mani sui diamanti?
Porre questa domanda equivale quasi a dare la risposta, ma Doi condisce il percorso con incidenti e buffonate che sono un misto di slapstick e di surreale: da un rovente assolo alla batteria di ‘Mite, eseguito su un assortimento casuale di oggetti, davanti a una folla folgorata, a una scarpinata da incubo attraverso una montagna di rifiuti. Cosa li aspetta alla fine del viaggio? Lo scintillio dei diamanti continua ad allettarli, ma l’orizzonte è sempre sfuggente.
Mark Schilling
FEFF: 2010
Regia: Michiyoshi DOI
Anno: 1961
Durata: 89'
Stato: Japan

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