L’assurdità della guerra e la vulnerabilità degli esseri umani che da essa sono toccati sono il tema di fondo di Wheat, che ha segnato il ritorno di He Ping alla regia dopo uno iato di sei anni. Il film racconta una storia ambientata sullo sfondo della battaglia di Changping (260 a.C.) che si svolse in Cina durante il cruento periodo degli Stati Combattenti e nella quale 500.000 soldati dell’esercito dello Stato di Zhao furono uccisi dall’esercito dei Qin, che avrebbe poi unificato tutta la Cina.
Due disertori dell’armata Qin, uno dei due è un coraggioso soldato di nome Xia (Jue Huang) che è stanco di combattere e vuole tornare al proprio villaggio per partecipare alla rituale mietitura del grano, ed un altro (Zhe, interpretato da Du Jiayi) che invece scappa per paura, nella fuga finiscono nelle acque di un fiume che li trascina fino alla città di Luyi, nello Stato dei Zhao, dove sono salvati dalle donne della comunità rimaste da sole ad attendere che i loro uomini rientrino dal fronte. Rendendosi conto di essere finiti in territorio nemico, per salvare la pelle decidono di re-inventare la Storia al contrario e fanno finta di essere soldati Zhao di ritorno dal fronte dopo aver decimato l’esercito Qin. Le donne, guidate da Li (Fan Bingbing), la bella e giovane moglie del principe Ju Cong (Wang Xueqi) che quest’ultimo ha dovuto abbandonare subito dopo le nozze per andare a combattere, all’inizio non sanno se fidarsi dei due e credere ai loro racconti; la sciamana della comunità ha la sensazione che i due nascondano qualcosa e mette in guardia le altre; i due soldati diverse volte si fanno sfuggire informazioni che contraddicono i loro racconti; ma le donne vivono soltanto di speranza e quindi lasciano che le ragioni del cuore prevalgano su quelle della mente…
Il film costruisce una visione lirica della Storia, con colori, luci e costumi che contribuiscono a creare un’atmosfera mitologica. Ed aggiunge un elemento inaspettato di comicità nel rapporto tra I due soldati disertori, che alleggerisce la drammaticità della situazione e contemporaneamente ne sottolinea la tragica assurdità. Il racconto è suddiviso in cinque parti che rappresentano i cinque elementi della realtà secondo la filosofia tradizionale cinese: metallo (oro), legno, acqua, fuoco e terra. Le donne di Luyi, avvolte in vesti bianche, si muovono come in un coro; i loro corpi, spesso ripresi dall’alto, sembrano fondersi in movimenti collettivi che ricordano il coro della tragedia greca. Sullo sfondo prevale il colore dorato dei campi di grano maturo (il titolo del film in cinese vuol dire infatti “campo di grano”) che le donne mietono mentre aspettano che i loro uomini ritornino dal fronte, ed il verde della foresta che sembra proteggerle dal mondo in guerra.
Il film, costato 6 milioni di dollari USA ed interpretato da alcune delle maggiori star cinesi del momento, è stato il film d’apertura dello Shanghai Int’l Film Festival 2009.
Maria Barbieri