Confessions

Moriguchi Yuko (Matsu Takako), la protagonista del nerissimo dramma Confessions (Kokuhaku) di Nakashima Tetsuya, è insegnante in una classe mista del primo anno delle superiori, ma ha smesso di cercare di contenere la confusione. Indirizzandosi alla classe l’ultimo giorno di scuola, parla in modo pacato e preciso, mentre i suoi studenti, impegnati a parlare, mandare sms e fare altro, fanno come se lei non esistesse.

La ragione per cui è così calma somiglia allo stordimento della vittima di un trauma: lascia il suo lavoro – e si vendica di quelli che hanno distrutto la sua vita. Quell’anno, la sua figlioletta è stata trovata morta a faccia in giù nella piscina della scuola. La polizia ha archiviato la morte della bambina come un caso di incidente, ma Moriguchi è convinta che le cose siano andate diversamente e, improvvisandosi detective, smaschera gli assassini: due ragazzi della sua classe.

Perché non consegna gli assassini alla polizia? Perché sono troppo giovani per essere processati e condannati. Invece, decide di organizzare lei stessa la vendetta per l’assassinio della sua bambina in un modo sottile, ma dal risultato certo.

Nakashima, meglio conosciuto fuori dal Giappone per film altamente fantasiosi dall’umorismo nero come Kamikaze Girls (Shimotsuma Monogatari, 2004) e Memories of Matsuko (Kiraware Matsuko no Issho, 2006), realizza Confessions in modo diverso dalle solite norme di genere. I fan che si attendono il solito melodramma lacrimevole o un poliziesco cervellotico rimarranno delusi.

Tratto da un romanzo di Minato Kanae, Confessions è il tipico poliziesco solo nei contorni, dai quali prende spunto per un commento che spazia dalla situazione disastrosa della scuola giapponese fino ai pregiudizi ancora tenaci nei confronti delle vittime dell’AIDS.

Il trattamento di Nakashima sovverte le regole dei film di genere. Intanto, identifica subito i due assassini, eliminando dalla storia ogni tensione derivante dalla ricerca del colpevole; poi fa apparire Moriguchi come uno spettro, morta a qualunque emozione eccetto una furia vendicativa. La sua narrazione pronunciata con voce vuota fa apparire gli eventi da lei descritti come se si svolgessero in un’altra dimensione o in un’altra vita.

Infine, Nakashima riprende anche le scene più violente con uno stile visuale elegante, che diventa un ulteriore strumento di distanziamento. La madre di uno degli assassini, (Kimura Yoshino) urla come una pazza dopo l’ultima esplosione del figlio - diventato un recluso psicotico dopo essere stato smascherato da Moriguchi - ma gli occhi dello spettatore sono invitati a concentrarsi sulla bellezza dei colori desaturati e sull’austera raffinatezza della composizione dell’immagine.

Lo scopo del regista è quello di sondare, oltre la superficie dei comportamenti plateali, le verità nascoste, allo stesso modi in cui Terrence Malick filmava l’intrusione del trascendente nella guerra nella giungla in La sottile linea rossa. E, come per Malick, i metodi di Nakashima sono non convenzionali, molto personali e peculiari.
Non esiste facile catarsi o redenzione, in Confessions. C’è, invece, il brivido di vedere dentro il cuore nero del male - e quello di un dolore infinito.
FEFF: 2011
Regia: NAKASHIMA Tetsuya
Anno: 2010
Durata: 106'
Stato: Japan

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