Michael Hui era già un affermato comico televisivo di Hong Kong quando la potente casa di produzione Shaw Brothers lo scritturò per questa commedia nera dal budget sostanzioso, diretta dal regista Li han-hsiang. Scegliere un debuttante sul grande schermo per il ruolo da protagonista di The Warlord era una scelta azzardata, che però si dimostrò azzeccata quando il film uscì in sala e che contribuì a lanciare Hui sulla traiettoria che a metà anni Settanta lo avrebbe portato ai vertici del botteghino.
La vicenda narrata dal film si svolge nel nord della Cina all’inizio del Ventesimo secolo. Pang Ta-fu (Hui) si è distinto durante i tumultuosi tempi della guerra russo-giapponese del 1904-1905 come personalità politica di primo piano. Insediatosi nella provincia di Shantung, Pang deve affrontare tre mesi di siccità, una calamità che riesce a vincere con una prodezza che conquista le masse. In breve tempo il Signore della Guerra si trova ad amministrare la giustizia e a gestire intrighi politici e conflitti, ma quando il suo potere viene messo in discussione, le sue azioni si fanno sempre più temerarie e spietate.
Lo sceneggiatore e regista Li, studioso di storia della prima Repubblica cinese, trovò in The Warlord un punto d’incontro per molte delle sue specialità come regista. Il suo talento, ampiamente dimostrato quando metteva in scena spettacoli in grande stile con set sontuosi, trovò la sua espressione più piena qui, negli esterni girati alla Shaw Brothers e in interni, nelle impressionanti costruzioni dei teatri di posa. Appare anche quel mix di commedia, erotismo ed exploitation che caratterizzò buona parte delle opere di Li degli anni Settanta.
Sebbene non si rida dall’inizio alla fine, The Warlord mette in evidenza la versatilità di Li come regista, capace di utilizzare con grande abilità una vasta gamma di stili comici, che funziona al meglio con le gag visive (come quando da un primo piano la scena si allarga fino a rivelare un bollitore gigante) e cresce d’intensità fino ad arrivare a scene prolisse (non necessariamente divertenti) che culminano in una battuta finale. Una delle scene più eclatanti (e politicamente scorrette) di The Warlord è quella di un processo per stupro, nel quale vengono raccontate due versioni della vicenda, in stile Rashomon, e poi Pang ordina alle guardie di tentare un assalto sessuale proprio là, nell’aula di tribunale.
Il regista Li gioca pure con l’immagine del capo audace, dipingendolo, a seconda dei casi, pomposo e facilmente ingannato da amanti traditrici, oppure incline a mosse spettacolari e imprudenti, come quando decide la strategia bellica giocando a domino o saccheggia la tomba di un’imperatrice.
Ce n’è abbastanza per una narrazione densa e cupamente comica. Ciò che rende il film più memorabile però è l’interpretazione centrale di Hui nel ruolo di Pang Ta-fu: un personaggio liberamente ispirato a Yuan Shikai, il primo presidente della Repubblica popolare cinese, un leader che si proclamò imperatore alla fine del 1915, pochi mesi prima della sua morte. Anche se è truccato per apparire più vecchio e le sue battute sono doppiate in mandarino, Hui sfoggia una vastissima gamma di espressioni facciali e un tempismo impeccabile, utilizzando stratagemmi comici come le ripetizioni e l’orgoglio esagerato per ottenere la massima efficacia.
La performance di Hui contribuì a portare The Warlord quasi al top della classifica del botteghino del 1972, secondo solo al cinema di kung fu di Bruce Lee. Non passò molto tempo prima che l’attore esordisse con una propria commedia di grande successo, Games Gamblers Play, nel 1974.
Tim Youngs