L’infilata di pellicole sul maestro di arti marziali Ip Man, esplosa nel 2008 con Ip Man di Wilson Yip, non dà segni di tregua. Nel 2010 Ip Man 2 di Yip ha portato avanti la rappresentazione cinematografica ispirata alla storia di Ip, il fondatore della scuola wing chun di kung fu, e nello stesso anno Herman Yau ha sfornato un bel prequel con The Legend Is Born – Ip Man. All’inizio di quest’anno anche The Grandmaster di Wong Kar-wai ha riportato Ip sul grande schermo e adesso Yau è tornato con Ip Man – The Final Fight, un film di dimensioni più ridotte, che traghetta la storia di Ip Man verso nuovi territori.
Lo spettatore stavolta incontra Ip, ora interpretato da Anthony Wong, nel 1949 al suo arrivo a Hong Kong dopo aver lasciato Foshan, la sua città natale nel sud della Cina. Ben presto inizia a insegnare il wing chun in una scuola con un tetto di fortuna e richiama un nuovo gruppo di seguaci. Ip insiste con i suoi alunni sulla virtù e non vuole che si azzuffino per la strada, ma le tensioni crescono quando nasce una rivalità con la scuola locale di kung fu della Gru Bianca. Quando si arriva a un’epica prova di forza nella famigerata Città Murata di Kowloon, a Ip non resta che fare appello a tutto il proprio talento e assicurare i gangster alla giustizia.
Quando si tratta di esibizioni di kung fu in Ip Man – The Final Fight, Yau non delude, anche con star abitualmente poco note per la loro abilità nelle arti marziali. Il primo combattimento tra Wong e l’attore Eric Tsang, nei panni del gioviale maestro della Gru Bianca, si rivela una prova magistrale di cinema di arti marziali, che unisce un gradevole brio alla coreografia ad alto impatto. La danza del leone è lo sfondo per un’altra gragnola di scazzottate e il finale spietato nella Città Murata, con il campione di azione Xiong Xin-xin che traspira minaccia in qualità di avversario principale, inserisce uno scenario di boxe clandestina e si consuma nel bel mezzo di un violento tifone nel 1962.
Ip Man – The Final Fight, però, non è soltanto una festa delle arti marziali. A differenza dei primi film diretti da Yip, incentrati sulle grandi battaglie e su un nazionalismo insistito, i film su Ip Man di Yau si soffermano più a lungo sul personaggio di Ip. I momenti di tranquillità con la famiglia e i discepoli, così come il rapporto dileggiato tra Ip e una cantante (Zhou Chuchu), inquadrano meglio l’uomo e il suo pensiero, e il coinvolgimento di Ip Chun, figlio di Ip, nella produzione, alla stregua del precedente film di Yau del 2010, ispira credibilità. Anthony Wong, collaboratore di lungo corso di Yau, apporta un grande senso di dignità e di maturità al ruolo di Man e coglie alla perfezione il carattere sobrio di Ip durante gli ultimi anni di vita. Wong è accompagnato da una comunità di studenti interpretati da Jordan Chan, Gillian Chung, Timmy Hung e da artisti marziali quali Marvel Chow e Jiang Luxia, mentre Anita Yuen appare in scene più sentimentali come moglie di Ip e Zhou diventa il punto focale di un successivo e più ambiguo rapporto.
Anche la nostalgia e la storia occupano un posto di tutto rispetto nel film, che rimbalza attraverso una serie di frammenti del passato a Hong Kong – l’afflusso degli immigrati dal continente, i sindacati e le rivolte, la corruzione della polizia – per creare il senso dell’epoca trattata e per trasmettere un’apprezzabile attenzione all’ambito locale. La fama di Ip deriva in parte dal fatto di essere stato il maestro di Bruce Lee da bambino, e anche questo merita un accenno più avanti nella storia grazie allo scomodo incontro con la giovane star che torna dall’America. Anche alcuni aspetti tipici del melodramma hongkonghese degli anni Cinquanta e Sessanta, come il personaggio della cantante e la scena di una coppia che vuole vendere il figlio, fanno il loro gradito ingresso e il ritratto della città vecchio stile viene riprodotto con l’ausilio di un nuovo e grandioso set costruito a Foshan, completa di monumenti storici ricreati. Se Ip Man – The Final Fight non avrà certo l’ultima parola in fatto di storie per il grande schermo ispirate alla vita di Ip (al momento è in lavorazione un film in 3-D), comunque si contraddistingue per l’immagine fresca e diversa non soltanto del maestro delle arti marziali Ip, ma anche della città che egli chiamava casa.
Tim Youngs