Sul grande schermo le donne giapponesi hanno preso i maschi a calci nel sedere fin dai gloriosi anni Sessanta, dall’epoca di Fuji Junko in poi (anche se Fuji preferiva fare a pezzi i suoi avversari con la sua spada veloce). In effetti, la combattiva ragazza sexy in minigonna è diventata un cliché dei film di genere, e i registi fanno a gara per trovare nuovi espedienti, sempre più estremi, per tenere alta l’attenzione del pubblico. Se i calci non sono sufficienti, eccola munita di motoseghe al posto delle braccia.
Girl’s Blood (Aka X Pinku) di Sakamoto Koichi è tratto da un romanzo di Sakuraba Kazuki e segna il ritorno ai temi originali dei film di arti marziali, senza il ronzio di protesi al posto degli arti e praticamente senza armi in vista, a parte una frusta brandita da una dominatrice con le labbra a canotto di nome Miko (Misako Ayame). Anche il cast, prevalentemente femminile, suda sul serio, dimostra di avere competenze concrete in tema di combattimento e va a sbattere decine di volte, in modo apparentemente doloroso, contro reti di acciaio e altre superfici rigide, con un aiuto limitatissimo da parte di cavi o effetti di CGI.
La storia si presenta effettivamente come un film di sexploitation. Un astuto organizzatore (Yamaguchi Yoshiyuki) gestisce un “fight club” femminile chiamato “Girl’s Blood“, anche se le ragazze combattenti, abbigliate con i costumi più diversi (infermiera, idolo giovanile, ecc.), servono i clienti come hostess quando non si affrontano sul ring. Inoltre, gli incontri di pugilato sono più una forma di intrattenimento che un vero e proprio combattimento, anche se alcune pugilatrici sono competenti nelle arti marziali. La più brava di tutte è Satsuki (Haga Yuria), un tipino intenso e senza fronzoli che si benda il seno prima degli incontri e indossa un ardito costume bianco, come un otokoyaku (interprete di ruoli maschili) della celebre compagnia teatrale Takarazuka, composta di sole donne. Al “Girl’s Blood” arriva una nuova improbabile recluta, Mayu (Koike Rina), che sembra e si comporta come una bambina innocua e ingenua, ma sul ring diventa risoluta e determinata, anche se si prende una terribile batosta. Un altro ottimo acquisto è la sinuosa Chinatsu (Tada Asami) dagli occhi bistrati, che durante gli incontri indossa un abito di seta cinese e sul ring si fa chiamare Shanghai Girl Lily. Contrapposta a Miko, Chinatsu si dimostra un’esperta di karate sicura e spietata e vince per knock out. L’avversaria successiva, Satsuki, rappresenta una sfida molto più dura, ma Chinatsu è largamente all’altezza e fa piovere una gragnuola di calci e colpi, anche se tra lei e la sua avversaria passa un’innegabile tensione sessuale. Sconfitta per la prima volta al “Girl’s Blood”, Satsuki è decisa a vendicarsi, ma deve combattere anche un’emozione nuova: l’amore per la sua rivale. E salta fuori che Chinatsu è più che disposta a ricambiare.
Nel frattempo, Miko ha preso la piccola e dolce Mayu sotto la sua ala protettrice – ma forse la loro relazione è qualcosa di più di un’amicizia?
L’omosessualità femminile è un tema forte nei porno giapponesi rivolti ai maschi etero, ma certamente non nel cinema mainstream, mentre i film indipendenti sul tema – come ad esempio A Piece of Our Life di Ando Momoko (Kakera, 2009) e Jellyfish di Kaneko Shusuke (2013) – sono pochi e lontani tra loro. Se parliamo poi di film d’azione incentrati su due coppie femminili, Girl’s Blood dev’essere il primo, in Giappone e all’estero. Inoltre, pur non lesinando sull’erotismo, il film fornisce a ciascuna delle quattro protagoniste una personalità distinta e un passato cupo, pur essendo del tutto in sintonia con la loro scelta di partner. Gli uomini che entrano o rientrano nelle loro vite, come il viscidissimo fidanzato di Mayu (Maeyama Takahisa) o il marito sfacciatamente villano di Chinatsu (Sakaki Hideo), interrompono storie d’amore omosessuali che, per quanto possano avere avuto un inizio travagliato, sono solide e autentiche.
Alla fine sarà l’amore, indipendentemente dal genere, a prevalere? Il transgender Satsuki troverà finalmente la felicità come maschio? Non è esattamente il genere di interrogativi che ci si aspetterebbe in un film su donne che se le danno di santa ragione per soldi e per passione, ma Girl’s Blood si eleva al di sopra dei suoi cliché di genere e diventa inaspettatamente stimolante. In altre parole, più che un Fight Club per ragazze, è un Rocky in salsa lesbo.
Mark Schilling