Considerato universalmente un maestro del cinema mondiale, Ozu Yasujiro iniziò la sua carriera come regista presso gli studi cinematografici Shochiku alla fine degli anni Venti, realizzando soprattutto commedie. L’industria del cinema giapponese era ancora nel periodo del muto (Ozu non realizzò il suo primo film sonoro fino al 1936) e le commedie locali erano pesantemente influenzate dai modelli hollywoodiani.
Anche Ozu subì tale influenza, tanto più che era un devoto ammiratore delle commedie sofisticate di Ernst Lubitsch, ma sin dalle prime fasi della sua carriera i suoi film, che riflettevano le condizioni sociali del Giappone dell’epoca. Inoltre i suoi film incorporavano anche la sua stilistica distintiva che col tempo divenne nota come “Ozuesca.”
Un esempio che viene citato molto spesso è Sono nato, ma..., la commedia di Ozu del 1932 su due fratelli che perdono il rispetto per il loro padre, un impiegato, quando lo vedono fare il pagliaccio per il proprio capo. Dopo avere discusso con lui su ciò che essi percepiscono come un’ingiustizia (compresa quella di dover essere deferenti con l’inetto figlio del capo), i due ragazzi si mettono a fare un breve sciopero della fame.
Anche se il suo humour incentrato sui ragazzini è senz’altro divertente, il film dipinge realisticamente la precarietà della classe media dell’epoca, oltre al dolore che i ragazzi provano nello scoprire che il loro padre non è il superuomo delle loro fantasie infantili.
Circa trent’anni dopo, Ozu rivisitò questa storia trasformandola in Buongiorno (Ohayō, 1959), il suo secondo film a colori, quando era ormai un regista famoso le cui opere avevano già ricevuto tutti i maggiori riconoscimenti possibili in patria.
Verso la fine degli anni Cinquanta, il Giappone stava velocemente diventando una nazione borghese ed economicamente dinamica, con i suoi abitanti che imparavano a godere del nuovo stile di vita e di beni di consumo come lavatrici, televisori e automobili, inimmaginabili negli anni poveri e caotici dell’immediato dopoguerra.
Insieme a Noda Kogo, suo abituale co-sceneggiatore sin dalle prime commedie mute, Ozu rielaborò la storia di Buongiorno in qualcosa di completamente diverso dal modello del 1932. Invece dei fratelli litigiosi di Sono nato, ma..., che subito dopo aver traslocato in un nuovo quartiere cominciavano a vessare i bambini del vicinato, i due ragazzi della nuova storia convivono pacificamente con gli altri ragazzini della loro zona residenziale.
Dopo aver scoperto i piaceri della televisione guardando gli incontri di sumo (la lotta giapponese) a casa di qualche vicino, i ragazzi chiedono ai genitori di comprare un televisore, ma ricevono in cambio un secco rifiuto e il loro padre (Ryu Chishu), stizzito, ordina loro di tacere. Il figlio maggiore Minoru (Shitara Koji) protesta a gran voce per l’ingiustizia, e si unisce anche il figlio minore Isamu (Shimazu Masahiko). Dopo aver detto ai genitori di essere disgustato dalle parole e dalle frasi educate ma senza significato degli adulti (compreso il titolo del film), Minoru promette a se stesso di chiudersi nel silenzio e lo stesso fa il piccolo Isamu, pur faticando a mantenere la promessa.
La trama di questa commedia di situationi è piuttosto esile, ma Ozu la rimpolpa con una miriade di osservazioni minime ma acute sulla vita degli abitanti delle zone residenziali, dalle casalinghe pettegole capaci di trasformare incomprensioni irrilevanti in accuse capaci di distruggere una reputazione ai vecchi stanchi che condividono un bicchiere al bar e meditano malinconicamente sul futuro.
Ma, a parte queste note serie e perfino malinconiche, l’atmosfera complessiva del film è leggera e giocosa, con lo scherzo ricorrente dei peti segnalati da strombazzate musicali.
Buongiorno, che presenta le tipiche caratteristiche stilistiche di Ozu (la posizione bassa o fissa della macchina da presa) è scoppiettante di vita, con personaggi che entrano ed escono vivacemente dalle inquadrature in esterni caratterizzate dalla grande profondità di campo e dalla composizione meticolosa. Le scene di dialogo intrecciano le frasi formali che Minoru trova così riprovevoli con scambi spontanei che rivelano il carattere e fanno avanzare la storia con un ritmo impercettibile e tuttavia vivace.
In breve, Buongiorno rappresenta un Ozu accessibile a coloro che trovano il pensiero dei suoi film più importanti, con i loro temi seri e la venerazione della critica, leggermente impervio. Ma è un Ozu che risulta godibile a tutti.
Mark Schilling