Alla vigilia della chiamata per l’estrazione della leva militare, il giovane Oat passa una notte insonne, tormentato da incubi e ricordi. L’evento lo riconduce a rammentare l’epoca in cui aveva undici anni e il fratello maggiore Ek, dopo averne compiuti ventuno, veniva pure lui convocato a “tentare la fortuna”. In Thailandia, infatti, la leva militare di due anni è assegnata tramite una cerimonia pubblica di sorteggio, dove tutti i giovani ritenuti abili devono pescare una carta rossa (arruolato) o nera (esentato). Nel momento in cui Ek veniva chiamato al sorteggio, il servizio di leva era particolarmente temuto, giacché si trattava del periodo di maggiore tensione nel sud musulmano del paese, con attentati e attacchi che vedevano vittime soprattutto i militari di stanza nella regione. Ma il percorso proustiano di Oat lungo il viale della memoria rappresenta soprattutto un ritorno sull’apprendistato alla vita e all’identità maschile assai peculiare.
Lo sguardo ingenuo dell’undicenne Oat si posava allora sulla relazione tra Ek e il fidanzato Jai, “più ricco, più alto, più bianco” del fratello, una relazione destinata al fallimento perché i due “vivevano in mondi differenti”, sulla superstiziosa zia che aveva accolto i fratelli dopo la morte dei loro genitori, sulle sfrontate prevaricazioni di Junior, il figlio del boss del “mercato nero” locale, sulle ingiustizie e sofferenze del diventare adulti e sulle lezioni di vita imprevedibilmente impartite da un giornaletto per imparare “come vincere a dama (ogni volta)”...
Il pubblico più assiduo e di lunga durata del Far East Film, che ha visto film come The Iron Ladies di Yongyoot Thongkongtoon (2000), Beautiful Boxer di Ekachai Uekrongtham (2004), Love of Siam di Chookiat Sakveerakul (2007) o It Gets Better di Tanwarin Sukkhapisit (2012), ha probabilmente una certa familiarità con l’approccio rilassato e naturale con cui il cinema thailandese presenta personaggi omosessuali e transessuali e le loro relazioni, riflesso diretto delle diverse politiche di genere nella società thailandese. Del resto, l’anno scorso, un paio di film indipendenti a basso budget, My Bromance di Nitchapoom Chaianun e Love’s Coming di Naphat Chaithiangthum, entrambi incentrati su relazioni adolescenziali venate di omoerotismo, si sono rivelati inattesi successi di botteghino, nonostante le limitate pretese produttivo-artistiche e la mancanza di promozione, ma grazie ad efficaci campagne sui social network e al gradimento del pubblico più giovane.
How to Win at Checkers (Every Time) pare inscriversi perfettamente nel solco di questa tradizione consolidata. Ma con alcune rilevanti variazioni. Il film è diretto dal coreano-americano Josh Kim che aveva precedentemente lavorato in Thailandia come produttore associato del remake coreano di A Better Tomorrow diretto da Song Hae-sung (2010). Kim si è ispirato a due racconti dello scrittore contemporaneo Rattawut Lapcharoensap, Draft Day e At the Café Lovely, che ha fuso insieme dopo aver realizzato un documentario sulla leva in Thailandia (e alcuni materiali sono confluiti, in bianco e nero, sui titoli di coda di How to Win at Checkers). Il film annovera tra i produttori l’acclamata regista indipendente Anocha Suwichakornpong e la cura e la qualità tecnica della produzione sono ben al di sopra dei modesti low budget di cui sopra. Senza contare che, toccando temi come le divisioni di classe, la corruzione diffusa e il conflitto religioso nel sud del paese, il debutto di Kim rivela una complessità e un profondità tematiche del tutto estranea ai recenti predecessori.
How to Win at Checkers (Every Time) è un film al contempo lieve e malinconico, segnato da momenti di grazia e di rabbia repressa, sentimenti cangianti splendidamente resi da due interpreti rivelazione, il piccolo Ingarat Damrongsakkul nel ruolo di Oat e l’eccellente Thira Chutikul in quello di Ek, dalla bella fotografia e dal delicato commento musicale. È un peccato che questo encomiabile lavoro di squadra rischi di non essere visibile in Thailandia, se non forse mutilato dalla censura locale; la poco velata denuncia delle pratiche di corruzione nell’esercito rischia di essere poco ben vista in un paese recentemente tornato sotto il governo militare. Evidentemente, pure Josh Kim ha fatto sua la regola d’oro che Oat ha appreso dal manuale del titolo: “Fa qualunque cosa sia necessaria per vincere, anche se significa che qualcun altro deve perdere”...