Il sequel del famoso TAZZA: The High Rollers (2006), tratto dal graphic novel di Hur Young-Man, è stato per anni uno di quei progetti che dovrebbero andare a colpo sicuro ma che per una qualche ragione non veniva mai realizzato. Diversi registi tra cui Jang Joon-hwan (Save the Green Planet) ci hanno provato in tempi diversi, ma alla fine la navigata società di produzione Sidus Pictures è andata sul sicuro ingaggiando il regista di successo Kang Hyoung-chul, la mente creativa di successoni del tipo Scandal Maker (2008) e Sunny (2011). Il film che ne è derivato, TAZZA: The Hidden Card, ha ricevuto recensioni contrastanti dalla critica ma è andato bene al botteghino, visto che ha venduto 4,02 milioni di biglietti piazzandosi al settimo posto nella top ten dei campioni d’incasso coreani del 2014.
Il regista Kang non perde tempo. Il film è appena iniziato e lui già presenta i “bravi ragazzi”: Gwang-ryul (Yu Hae-jin), il partner di Goni del primo film; il nipote di Goni, Daegil (il cantante e attore T.O.P., alias Choi Seung-hyun), uno squalo delle carte con un braccio d’oro; la donna che lui ama, Mina (Sin Se-gyung). Un sanguinoso incontro con il buttafuori di una sala scommesse, Ghost (Kim Jun-ho), obbliga l’impertinente Daegil a nascondersi a sud del fiume Han, sotto la protezione di “Mr. Stiff” (Lee Kyeong-yeong). Ben presto, però deve fronteggiare non solo i sentimenti contrastanti che ha nei confronti di una delle sue “clienti”, la Presidente Woo (Lee Honey), ma anche contrattaccare alle macchinazioni del malvagio usuraio Dongshik (Kwak Do-won).
C’è molto di interessante in The Hidden Card: Kang Hyoung-chul sa certamente come lavorarsi il pubblico, al pari di una massaggiatrice professionista, ed esibisce grandi abilità nel mantenere un ritmo veloce attraverso l’impiego di espedienti di montaggio espressivi, come ad esempio lo spassoso montaggio con una forte compressione del tempo che mostra Daegil e il presidente Woo coinvolti in un ginepraio romantico. Poi inserisce abilmente cambiamenti di tono verso materiale più cupo, come il traffico di esseri umani e la mutilazione come punizione per trucchi non riusciti (rispetto al film originale diretto da Choi Dong la tessitura narrativa di Kang è molto più agile ma anche più cruda). Infine, mantiene i dialoghi veloci e divertenti e governa gli attori conservando l’integrità d’insieme.
Gli aspetti tecnici sono superbi e per molti versi superiori all’originale: le immagini bellissime ed evocative curate dal direttore della fotografia Kim Tae-gyung (Broken) e dal direttore delle luci Hong Seung-cheol, le vivaci ambientazioni degli scenografi Kim Si-yong (The Terror: Live) e Park Jae-wan (Neighbors) e la versatile colonna sonora di Kim Jun-seok (Howling) nel loro complesso contribuiscono all’alta qualità della produzione.
Anche l’ampio cast contribuisce grandemente alla capacità di intrattenimento del film. Honey Lee è sexy e pericolosa come un serpente corallo ingioiellato, anche se non c’è paragone con la Kim Hye-soo del film originale. Dal canto suo, T.O.P. della Big Bang, l’artista di hip hop super-bello, è emotivamente carismatico e porta avanti il film senza alcuno sforzo. Sin Se-gyoung si dà molto da fare, mostrando persino per un attimo il suo lato B in uno spudorato momento di adescamento degli spettatori, ma a volte sembra più imbronciata che risoluta.
Il problema principale del sequel è che, anche considerata la sua manifesta dedizione ai cliché di genere, è così pieno di contorsioni, tradimenti a sorpresa e stalli alla messicana che alla fine lascia esausti. Il film termina dopo due ore e trentasette minuti, quando in realtà alla storia sarebbero bastate poco meno di due ore. Nell’ultima mezz’ora, Kang mette in piedi uno scontro culminante, sfarzoso e sanguinoso tra i buoni e i cattivi, nell’apparente tentativo di superare il duello finale a colpi di scommesse del film originale, finendo però per strafare.
TAZZA: The Hidden Card è un film ben fatto e divertente e chi ha preso parte alla sua realizzazione non ha nulla di cui vergognarsi. Ma sarebbe bello che fosse più memorabile di quanto in definitiva è. Si affanna molto per fare piacere, ma finisce per dimenticarsi di toccarci il cuore.