Han Han, scrittore, blogger, pilota di auto da corsa e idolo della generazione post anni Ottanta debutta come regista e sceneggiatore con un road movie che riprende la filosofia dello scetticismo caratteristica della sua produzione letteraria.
Il lungo prologo del film introduce i tre protagonisti, tra gli ultimi abitanti di una piccola isola senza nome, che sembra un relitto dell’economia socialista e dalla quale tutti sono scappati in cerca di fortuna sulla terraferma. Hu Sheng è un ragazzo semplice, considerato lo ”scemo del villaggio”, ma ha due amici apparentemente più furbi di lui: Ma Haohan, un giovane dal carattere volitivo, che ha vagabondato per qualche anno prima di provare a sviluppare un business turistico sull’isola – senza successo; e Jiang He, l’unico insegnante del posto, una sorta di nerd appassionato di geografia al quale è stata di recente assegnata una nuova cattedra sulla terraferma, in una regione occidentale della Cina. I tre decidono di partire assieme ed accompagnare Jiang He alla sua nuova destinazione, lontana ben 3980 km. In un gesto simbolico di “taglio definitivo dei ponti” con l’isola Ma dà fuoco alla sua casa, ma per errore fa saltare in aria anche quella di Hu Sheng e della loro comune amica Zhou Mo. Arrivati sulla terraferma, i tre fanno la prima tappa negli studi cinematografici dove Zhou Mo – una ragazza tipica della generazione post anni Ottanta, cerca il successo e non la tranquillità, convinta che l’anonimato della città offra maggiori opportunità e consapevole che uno dei prezzi da pagare sarà la perdita degli amici di un tempo – lavora come figurante e dove li accoglie con simpatia ma anche con distacco. La seconda tappa conduce all’incontro con una prostituta per la quale l’idealista Jiang He ha un colpo di fulmine che scatena una serie di disavventure ed incontri inaspettati. Tra questi figura un breve scambio di battute con un uomo cinico ma saggio interpretato, in un raro cameo, dal regista Jia Zhangke, la cui opera è evocata ripetutamente nel film. Sono molti i riferimenti tematici e stilistici non solo a diversi film di Jia Zhangke ma anche a famosi road movies quali Easy Rider e Thelma e Louise; l’atmosfera del film e la fotografia sono molto naturali senza essere neorealistiche. Il viaggio di Ma Haohan e di Jiang He – che perdono Hu Sheng durante una fuga dalla polizia nella prima notte di viaggio – continua in paesaggi desertici quasi spettrali e non immediatamente identificabili con la Cina, come per sottolineare che il loro viaggio è metaforico più che reale. Arrivati ad un bivio, prendono ovviamente la strada sbagliata, in tutti i sensi, e si ritrovano vittime di un altro vagabondo più furbo e più visionario di loro, che li deruba dell’auto. L’incontro con una terza donna, pen-pal di Ma Haohan, riserva per quest’ultimo una sorpresa sconvolgente. I personaggi femminili del film sono più complessi e meno idealistici di quelli maschili anche se condividono con questi ultimi una profonda incertezza riguardo al futuro. Jiang He e Ma Haohan, personaggi quasi donchisciotteschi, passano da una delusione all’altra e appaiono sprovveduti anche se in grado di distillare diverse perle di saggezza durante le conversazioni che accompagnano le loro disavventure. Tutto il film è permeato da un forte senso di malinconia e di fatalismo, sottolineato anche nella colonna sonora dalla popolare canzone “Que sera sera” che si sente a varie riprese durante il film. Nella scena finale ritroviamo Jiang He dopo cinque anni, trasformato in un intellettuale di successo – ed è inevitabile pensare ad un accenno autobiografico dell’autore.