I liceali fanno grandi sogni e in Giappone uno dei più grandi è quello di diventare un affermato artista di manga. I compensi per un manga di successo pubblicato su una rivista nazionale e venduto in paperback sono elevati; inoltre, il riconoscimento e il potere che ne derivano, le schiere di fan adoranti che ti assediano per avere un autografo e gli editori che ossequiosamente ti implorano di affidare loro il tuo prossimo capolavoro devono sembrare qualcosa di elettrizzante a un aspirante
sensei (“maestro”) del manga che scarabocchia sui bordi del suo libro di biologia.
Uno di questi ragazzi pazzi per i manga è Moritaka Mashiro, alias Saiko (Sato Takeru), il protagonista adolescente di Bakuman, una commedia sull’amicizia del regista One Hitoshi. Ma Saiko – che continua a ritrarre di nascosto Azuki (Komatsu Nana), una compagna di classe molto carina – sa quanto il gioco dei manga possa essere duro. Un suo amato zio (Kudo Kankuro) era un artista manga che, dopo varie difficoltà, era finalmente riuscito ad arrivare alla rivista più importante del settore, Weekly Shonen Jump, ma non aveva retto al troppo lavoro ed era morto. Saiko, pur avendo molto talento, non ha alcuna intenzione di seguire le orme dello zio.
A un certo punto il suo talento viene scoperto da Takagi Akito, alias Shujin (Kamiki Ryunosuke), un loquace compagno di classe con il dono della narrazione. Shujin gli propone di creare un team, con l’obiettivo di espugnare la fortezza del regno del manga professionale; Shunjin scriverà le storie e Saiko si occuperà dei disegni. Saiko resiste finché non arriva un incoraggiamento inaspettato, quello di Azuki. Accesi dal sacro fuoco, Saito e Shujin iniziano la corsa alla fama e alla ricchezza nel mondo dei manga. Il loro fine ultimo è arrivare a Weekly Shonen Jump.
Tratto da un manga pubblicato sul vero Weekly Shonen Jump (e dove altrimenti?), Bakuman parte come la solita commedia adolescenziale di scalata al cielo, con interpretazioni esagitate dei due protagonisti maschi (mentre al contrario l’esordiente Komatsu Nana interpreta come una fredda dea adolescente pienamente auto consapevole, in grado di far vacillare Saiko solamente con un semplice battito di ciglia).
Ma One, il regista della commedia romantica di grande successo Love Strikes! (Moteki, 2011) e del dramma corale indipendente Be My Baby (Koi no Uzu, 2013), è un raro esempio di cineasta che riesce a mescolare una perfezione artigianale con un’immaginazione sfrenata.
In ogni aspetto del film, dalla sceneggiatura perfettamente calibrata (che si distacca significativamente dal manga) alla meticolosa scenografia (comprendente una perfetta ricostruzione della redazione splendidamente incasinata di Weekly Shonen Jump), One riesce a portare Bakuman ben al di sopra degli standard dei film giapponesi mainstream.
E porta anche il film oltre la sua prevedibile storia di tentativi e trionfi, in un territorio coraggiosamente realistico (o, visto lo stato abituale della mano di Saiko, scuro come l’inchiostro) e surrealmente angoscioso.
Dopo aver fatto diverse revisioni per accontentare un redattore sciatto ma solidale (Yamada Takayuki), i ragazzi vincono un concorso della rivista Weekly Shonen Jump per esordienti.
Evviva evviva, ma questa vittoria è solo l’inizio. Altri contendenti vittoriosi, tra i quali un adolescente prodigio dagli occhi di ghiaccio (Sometani Shota), si battono per un ambìto spazio sulla rivista. E il raffinato e venerato redattore capo, (Lily Franky), che prenderà la decisione finale sul loro destino, è secondo Saiko il responsabile della morte prematura dello zio.
Per soddisfare i fedeli fan dei manga, probabilmente, il film sfrutta nella trama alcuni dei suoi luoghi comuni melodrammatici, ma le sue originali sequenze fantastiche, come il duello di Saiko e Shujin contro il prodigio a colpi di penne gigantesche e disegni di manga che combattono, commentano quegli stessi luoghi comuni con un umorismo sornione e abbaglianti immagini di computer grafica.
Nel frattempo, la fantasmagoria visuale del film mette in luce la fonte interiore della creatività di Saiko in tutta la sua armoniosa bellezza e il suo cupo terrore – a cominciare dalla paura di fare la fine dello zio.
Alla fine della storia, gli aspiranti artisti manga tra il pubblico forse si chiederanno se il successo, che può essere definito in vari modi, valga il sacrificio.
La crociata per diventare professionisti dei manga è una dura lotta per la sopravvivenza, avverte francamente il film, che pure celebra il cameratismo dei commilitoni (tutti maschi, temo) che sopravvivono al battesimo del fuoco editoriale.
E, come si vede in una scena toccante, tutto è fatto per ragazzini che sfogliano le pagine dei fumetti in un minimarket.
Ma è così che il sogno continua.