Nel giugno del 1968, la Toho firmò un accordo con la Ambassador Production, di proprietà dell’agente e produttore Don Sharpe, per realizzare
Latitudine Zero (
Ido Zero Daisakusen), un film fantasy di fantascienza tutto in lingua inglese ispirato a uno sceneggiato radiofonico del 1941 ideato da Ted Sherdeman.
Sharpe, insieme a Sherdeman e Warren Lewis, ne aveva tratto una serie televisiva per le reti statunitensi che però non aveva avuto successo, ma la Toho, ansiosa di espandersi sui mercati internazionali, diede il via libera a Latitudine Zero, sobbarcandosi anche la metà dei costi di produzione che ammontavano a 360 milioni di yen (1 milione di dollari).
Questo budget, opulento per gli standard della Toho, consentì allo studio di ingaggiare tre importanti attori hollywoodiani: Joseph Cotten, famoso in Giappone per il noir classico e spesso riproposto Il terzo uomo, Cesar Romero, la cui carriera era ripartita con l’interpretazione di Joker nella serie televisiva Batman, e Richard Jaeckel, un caratterista esperto che aveva da poco interpretato Il fango verde (Ganma Daisan Go: Uchu Daisakusen, 1968), un horror di fantascienza di Fukasaku Kinji.
La storia, che mescola vari generi, è un incrocio tra 20.000 leghe sotto i mari, Orizzonte perduto e L’isola del Dottor Moreau. Tre uomini, l’oceanografo Tashiro Ken (Takarada Akira), il geologo Jules Masson (Okada Masumi) e il fotoreporter Perry Lawton (Richard Jaeckel), che esplorano le profondità oceaniche in una batisfera vengono travolti dall’eruzione di un vulcano sommerso.
Fortunatamente, un sottomarino futuristico che passava nelle vicinanze va in loro soccorso.
Si scopre che il suo capitano, Craig MacKenzie (Joseph Cotten), ha più di 200 anni ed è il fondatore di una Shangri-la sommersa chiamata Latitudine Zero dove nessuno invecchia, le ferite guariscono miracolosamente e i diamanti vengono tenuti nei vasi da fiori.
Inizialmente Perry è scettico (“Forse ci hanno iniettato qualcosa...”), ma MacKenzie, seppur riservato, si rivela un tipo perbene, che usa le scoperte scientifiche del suo paradiso per il bene del mondo di superficie. Ha, invece, nemico e rivale implacabile in Malic (Cesar Romero), che comanda un altro supersommergibile, lo Squalo Nero.
Malic rapisce un alleato di MacKenzie, nonché fisico da premio Nobel, il Dottor Okada (Nakamura Tetsu) e sua figlia Tsuruko (Nakayama Mari), li porta nel suo covo a picco sul mare,e minaccia di trasformarli in mostri a metà tra uomo e animale se Okada non vuota il sacco su una nuova tecnologia anti-radiazioni. E per mostrare che fa sul serio, si mette all’opera sulla sfortunata donna capitano del sottomarino (Kuroki Hikaru), trasformandola in un grifone, mostro leggendario con ali d’aquila e corpo da leone.
Nel frattempo MacKenzie, Tashiro e gli altri, che stanno andando a salvare il Dottor Okada e Tsuruko da un funesto destino, devono prima superare le trappole mortali che Malic ha messo sul loro cammino.
Jaeckel se la cava egregiamente nei panni dello scettico reporter Perry, mentre Romero gigioneggia senza vergogna nel ruolo dello scienziato pazzo Malic.
Nella parte di MacKenzie, Cotten è più o meno a metà tra i primi due: urbano e geniale nelle prime scene, mentre risulta vagamente ridicolo come anziano capo della spedizione di salvataggio, soprattutto quando si inerpica agilmente su per gli scogli in una tutina di lamé dorato con uno zainetto-jet sulla schiena, oppure quando combatte contro pipistrelli giganti.
L’esperto mago degli effetti speciali Tsuburaya Eiji e i suoi collaboratori non hanno creato solo le loro abituali eruzioni ed esplosioni, ma anche gli eleganti sottomarini pilotati da Cotten e Romero e un mondo sottomarino ultramoderno che ancora oggi appare invitante, con o senza diamanti.
Purtroppo, a causa dei pesanti tagli del budget ai quali Tsuburaya fu costretto dalla Toho, i vari mostri del film, che in realtà erano attori travestiti, appaiono più dozzinali che agghiaccianti.
Latitude Zero fu l’ultima collaborazione tra Honda e Tsuburaya, il quale morì di un attacco di cuore il 25 gennaio del 1970, a 68 anni.
E fu anche il canto del cigno della serie classica di fantascienza della Toho, in quanto i successori di Tsuburaya non furono più in grado di ricreare la magia tokusatsu a cui lui e Honda avevano dato vita insieme per quasi vent’anni.