Master

All’inizio di Master, l’amministratore delegato Jin Hyun-pil (Lee Byung-hun, Inside Men) è già sulla vetta. Lo vediamo in un’enorme arena piena di fan adoranti ed estatici che hanno investito nella sua compagnia One Network. Jin ovviamente sa bene come lavorarsi la folla: quando parla, prima mostra modestia, poi vulnerabilità. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre racconta ciò che ha dovuto passare nella sua ascesa verso la fama, ma poi la sua voce aumenta di volume e inizia a tuonare con rassicurante forza. La folla semplicemente lo adora, perché è vero che ha fatto guadagnare loro un sacco di soldi. Promette loro ulteriori guadagni per il futuro. Ma dovrebbero essere più prudenti.
Fra il pubblico ci sono alcune persone che spiccano per la loro mancanza di entusiasmo: sono Kim Jae-myung (Gang Dong-won, Vanishing Time), investigatore nella sezione reati finanziari, e la sua collega Gemma (Uhm Ji-won, Hope). Jae-myung sa che il successo della One Network è stato costruito su uno schema piramidale fraudolento e che Jin ha cattive intenzioni riguardo ai soldi in suo possesso, ma nessuna delle informazioni che Jae-myung ha reggerebbe in tribunale. A lui e Gemma serve un modo per riuscire a entrare nella compagnia, e nell’arena individuano un obiettivo potenziale in Park Jang-gun (Kim Woo-bin, Twenty).

Park è un giovane hacker, brillante e piuttosto arrogante, che svolge un ruolo fondamentale dentro One Network. Non è il tipo che abbandona il suo capo o tradisce i colleghi, ma facendo abbastanza pressione su una persona, si può riuscire a farle fare cose contrarie alla sua natura. Jae-myung e Gemma sono esperti nel dosare la pressione, e dopo averlo condotto alla stazione di polizia, lo manovrano fino a metterlo all’angolo, legale e logistico. Park si rende conto di essere in trappola e rabbiosamente acconsente (almeno in apparenza) ad aiutarli.   
È questo il triangolo che costituisce lo scheletro di Master, un ambizioso progetto del regista Cho Ui-seok sulla scia del suo inventivo thriller del 2013 Cold Eyes. Ci sono parecchi elementi per cui questo film può essere definito ambizioso. Il primo è il cast: Lee Byung-hun, Gang Dong-won e Kim Woo-bin sono tutti al vertice nell’industria cinematografica in questo periodo. Il fatto di avere tre divi di questo calibro nello stesso film, insieme a una serie di attori non protagonisti in gamba, è una cosa che accade solo una volta ogni due anni. Già questo lo ha immediatamente reso il film di più alto profilo in uscita nell’alta stagione invernale.

È un film ambizioso anche a livello puramente narrativo, per il fatto che ognuna delle metà di Master è più o meno divisa a sua volta in tre parti. A metà dei 143 minuti di durata del film, quando i tre protagonisti si disperdono in tre direzioni diverse, la trama inizia di nuovo praticamente da zero. A molti critici non è piaciuto tale approccio e l’inevitabile scarto temporale che ne deriva, ma non si può negare la grande ambizione degli autori di raggiungere una scala epica.
Infine, il film si espande ben oltre i confini coreani e riunisce i fili narrativi in un finale complesso e carico d’azione a Manila. Quest’ultima sequenza costituisce uno dei pezzi forti del film, ed è un raro esempio di produzione coreana che prova a girare un’importante scena d’azione che si sviluppa per le strade di una città straniera.
Durante la sua tenitura Master è riuscito a vendere ben 7,2 milioni di biglietti, con un’accoglienza tiepida da parte della critica ma giudizi soddisfacenti online da parte del pubblico. È anche capitato che questo film su corruzione e ingiustizia sia uscito in sala proprio nel momento in cui la Corea veniva travolta da uno scandalo senza precedenti, che si è concluso con l’impeachment della presidente della repubblica. In questo senso, Master era chiaramente un film figlio del proprio tempo, anche se per molti versi lo scandalo nella vita reale è andato ben oltre quello descritto sullo schermo.

Darcy Paquet
FEFF: 2017
Regia: Cho Ui-seok
Anno: 2016
Durata: 143
Stato: South Korea

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