My Stupid Boss segna il ritorno al Far East Film Festival di Udine di Upi (Avianto), la più amata e popolare regista e sceneggiatrice del cinema commerciale indonesiano. Si tratta anche del suo più grande successo di botteghino in patria. In Indonesia, infatti, il film ha totalizzato oltre tre milioni di spettatori, uno dei risultati più lusinghieri dello scorso anno, ma anche degli ultimi anni. Un esito che è andato ben oltre le più rosee previsioni. E grazie a felici scelte d’ambientazione, casting e scrittura il film ha suscitato interesse anche nella limitrofa Malaysia.
Perché, in effetti, My Stupid Boss situa la sua azione interamente a Kuala Lumpur, dove la giovane coppia di sposi indonesiani Diana e Dika si è trasferita per via del lavoro di lui. Ma lo “stupido boss” del titolo è quello di Diana che, decisasi a cercare lavoro, trova un posto come impiegata in una ditta di ferramenta, capeggiata da un ex compagno d’università di Dika, che per tutto il film viene semplicemente chiamato Bossman (divertente esempio di inglese all’indonesiana). Bossman è un manager alquanto singolare e stralunato: irascibile e imprevedibile, se ne esce con le più strampalate richieste e sfida la sanità mentale del suo staff con la sua irrazionalità e incoerenza. Diana cerca di adattarsi, ma presto la sua resistenza è portata ai limiti (da chiamate di lavoro nel cuore della notte, da spedizioni nella foresta e amenità varie). Tant’è che decide di partire alla controffensiva e di ripagare Bossman con la sua stessa moneta.
Scritto con grande verve e incentrato su un personaggio assurdo e irredimibile, My Stupid Boss è una commedia che trae grande vantaggio anche dalla sua ambientazione interculturale. Molte delle battute e delle situazioni comiche del film sono infatti scatenate dall’incomprensione linguistica tra indonesiano e malese. Sebbene le due lingue siano, in effetti, molto simili e generalmente intercomprensibili, il fatto che Bossman si ostini a parlare indonesiano, utilizzando talvolta espressioni gergali, crea equivoci e malintesi presso i suoi dipendenti malesi. E Upi gioca con sapiente ironia sulle stereotipie del contesto malese: da un lato, le vicine di casa di Diana, capeggiate da Siti, casalinghe costantemente intente a fare gossip, dall’altro, la galleria dei colleghi d’ufficio di Diana. Abbiamo, infatti, Norashikin, la giovane abbigliata in tudung (versione malese del velo islamico), il cinese di mezza età, il devoto credente islamico e il playboy farfallone che cerca di concupire la collega velata. Quest’ultimo è interpretato con brillante efficacia da Bront Palarae, uno dei volti più noti del cinema di Kuala Lumpur.
Script a parte, è certo proprio il casting che ha fatto la fortuna del film. E se Bunga Citra Lestari è deliziosamente perfetta nel ruolo di Diana, in particolare nel suo virare da stolido spiazzamento a furia vendicativa, il vero asso nella manica di My Stupid Boss è l’impagabile prestazione comica di Reza Rahadian. Tra gli attori più amati presso il pubblico indonesiano (in particolare femminile), l’ex fotomodello si rende qui totalmente irriconoscibile (panciuto, con un riporto imbarazzante, goffo e indisponente) e regala una prova attoriale memorabile. Difficilmente si dimenticherà questo personaggio a suo modo irresistibile – che al pubblico italiano parrà quasi uscito dall’epica tragicommedia impiegatizia di Fantozzi.
Dal canto suo, Upi gestisce con dinamicità gli spazi di quella che è in gran parte una commedia girata in studio, togliendosi pure lo sfizio di fare esplodere la narrazione in un momento di musical bollywoodiano. E non è difficile presagire che il trionfo al botteghino porterà Upi a raccontarci ulteriori follie del suo ineffabile Bossman...
Paolo Bertolin