The City Of Betrayal

“Oh, che rete aggrovigliata tessiamo quando iniziamo a praticare l’inganno!” scrisse nel 1818 Sir Walter Scott nel suo poema epico Marmion, riferendosi al suo protagonista, romanticamente infedele. Quanto una rete possa diventare aggrovigliata è anche il tema di The City of Betrayal di Miura Daisuke, adattamento per il cinema della sua opera teatrale del 2010. 

Riandando all’epoca di Scott e oltre, gli amanti infedeli della finzione hanno spesso fatto una brutta fine (l’amante del protagonista di Scott, una suora che ha tradito i voti, viene murata viva nel suo convento per farle scontare i suoi peccati). Miura invece opta per il realismo nelle relazioni tra maschio e femmina del Giappone contemporaneo: per prima cosa, nessuno muore in modo orribile. Ma ci sono anche svolte che sorprendono e verità spiacevoli che straziano.
Miura, la cui commedia di “rivincita dei nerd” Boys on the Run è stata presentata al FEFF del 2010, non è il solito regista teatrale che filma la sua opera in modo statico o con riprese in esterni che aggiungono molto poco al dramma. Ha invece filmato la sua storia con piglio cinematografico e immagini evocative che suggeriscono piuttosto che esplicitare. E non c’è nulla di teatrale nelle interpretazioni che egli ricava dai suoi attori, tutti bravissimi, a cominciare da Ikematsu Sosuke e Terajima Shinobu, che rivestono il ruolo della coppia protagonista. 

I due nel film sono Yuichi (Ikematsu), un inconcludente perdigiorno, e Tomoko (Terajima), una casalinga annoiata. Quando si conoscono su un sito di incontri, mentono su tutto, dichiarando di essere single (quando invece Tomoko ha un marito e Yuichi convive con la fidanzata) e di avere un lavoro interessante (che nessuno dei due ha). Il loro primo incontro, vicino a una stazione ferroviaria periferica di Tokyo, sta quasi per concludersi in modo disastroso, ma riescono a recuperarlo con una pausa e con un’onestà che rompe il ghiaccio. Tomoko confessa di essere vicina alla quarantina, mentre Yuichi ammette di farsi mantenere dalla fidanzata che ha un impiego ben retribuito.
Entrambi sono interessati ai varietà televisivi con scenette di manzai (coppie comiche) e il loro tiramolla inizia a somigliare a una goffa routine comica. Al loro terzo appuntamento si ritrovano in un love hotel – e riescono persino a ridere del loro primo e insipido approccio sessuale.

Sono fatti l’uno per l’altra? La risposta del film è ambigua: Tomoko mente al marito Koji (Hirata Mitsuru), Yuichi mente alla sua ragazza Satomi (Nakamura Eriko), ma nessuno dei due lo fa a cuor leggero. Koji è premuroso e non si lamenta mai, anche se trascorre molte serate a sbronzarsi con il suo amico Tamura, mentre Satomi è tollerante e paziente, e settimana dopo settimana dà a Yuichi una paghetta quotidiana sebbene lui, a parte qualche vuota promessa, non faccia alcun tentativo di restituirle il denaro.
Il sesso migliora, e le reciproche confessioni continuano, malgrado Yuichi e Tomoko non siano pazzi l’uno dell’altra nel normale senso cinematografico. Più che altro si sentono a proprio agio. Fino a che i rispettivi partner, che non sono scemi, cominciano a capire la verità – e la stessa Tomoko fa una scoperta che le cambierà la vita.
Quando la storia prende questa nuova direzione, il film non si fa né moralistico né melodrammatico. Come afferma Koji in un momento cruciale della storia, “Non esiste una sola verità”, e questo, lo vediamo, si riferisce in modo specifico alle complesse vite sentimentali dei protagonisti, che non si possono facilmente etichettare come “buone” o “cattive” – e neanche come “vita” o “morte”, del resto. 
Mark Schilling
FEFF: 2017
Regia: Miura Daisuke
Anno: 2016
Durata: 132
Stato: Japan

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