Il lungo viaggio di The Grandmaster ha inizio nel 1996: Wong Kar-wai stava girando Happy Together in Argentina quando vide una rivista con Bruce Lee in copertina. Mentre valutava l’idea di fare un film su Bruce Lee, Wong ha conosciuto la storia del maestro di Lee, Ip Man, rimanendone affascinato. Nei diciassette anni successivi ci sono state false partenze, una fase di produzione notoriamente lunghissima e molteplici date di uscita mancate (nel frattempo sono stati realizzati tre film e una serie televisiva su Ip Man), ma l’epica di arti marziali di Wong, squisitamente esuberante, ha dimostrato che valeva la pena di aspettare.
Le vicende narrate in The Grandmaster iniziano nel 1937, in quella che Ip (Tony Leung Chiu-wai) definisce la “primavera della sua vita”. Ip, che proviene da una famiglia ricca, trascorre le sue giornate frequentando le sale da ballo locali e praticando il wing chun nella sua città natale, Foshan. I colleghi maestri di arti marziali lo spingono sotto i riflettori quando il Maestro del Nord, Gong Yutian, arriva in città alla ricerca di un avversario, durante il suo ultimo tour prima di ritirarsi.
Wong ha lavorato alla sceneggiatura con il regista e rinomato studioso di arti marziali Xu Haofeng (The Master, The Sword Identity) e si è affidato alla coreografia precisa ed elegante di Yuen Woo-ping, sostituendo le sue tipiche riflessioni interiori sull’amore e sulla solitudine con dettagli vividi di diverse forme di arti marziali. Una sequenza mozzafiato, all’inizio del film, mostra Ip impegnato in un combattimento stile L’ultimo combattimento di Chen che dimostra la sua abilità nel wing chun ai Maestri di altre scuole di arti marziali dei sud, prima dell’incontro con il suo avversario Yutian.
Ovviamente non sarebbe un film di Wong Kar-wai se non ci fosse un amore non corrisposto, che si presenta con le sembianze della figlia di Yutian, Gong Er (Zhang Ziyi). Dopo la “sconfitta” del padre (in uno scontro filosofico più che di arti marziali), Er sfida Ip ad un vero combattimento per vendicare l’onore della sua famiglia. La lotta tra i due costituisce la premessa di una delle storie d’amore non corrisposto più belle della filmografia di Wong, anche se il desiderio romantico inespresso in tutta la storia è leggermente dissimulato come la brama di ulteriore rivincita di due artisti marziali.
Da quel momento in poi il film si dipana tra la difficile situazione di Ip Man durante la guerra sino-giapponese e dopo il suo trasferimento a Hong Kong, la lotta di Gong Er per riscattare l’onore della propria famiglia dal discepolo traditore di Baosen, Ma San (un ruolo che ha rivoluzionato la carriera di Max Zhang), e un misterioso maestro di baji quan chiamato “il Rasoio” (Chang Chen). Nel raccontare la storia della vita di Ip, The Grandmaster non indulge nella mitizzazione eroica come Wilson Yip nella sua trilogia Ip Man; il film umanizza Ip e lo ritrae come un uomo che fa del suo meglio per sopravvivere, a malapena consapevole degli eventi turbolenti che accadono nel mondo al di fuori di lui.
In contrasto con l’interpretazione introspettiva di Leung, lo sviluppo del personaggio di Er si impone come nucleo emotivo del film. Costretta a rinunciare alla felicità personale in nome dell’onore, Er è uno dei personaggi più complessi e tragici di Wong. La dedizione totale di Zhang al suo ruolo si traduce magnificamente in una performance impetuosa e solenne che sarà ricordata come una delle sue migliori interpretazioni.
Nelle versioni successive del film – quella internazionale, quella per le sale nordamericane e quella “finale” in 3-D che è uscita nei cinema in Cina – Wong ha riorganizzato la narrazione, riportando l’attenzione su Ip (anche se i nuovi montaggi includono anche nuove scene con Er e “il Rasoio”). Tuttavia, la versione originale di 130 minuti, uscita nella Cina continentale, sembra essere la più vicina alla visione originaria di Wong: una grandiosa epica wuxia moderna sulle filosofie, le tradizioni e le leggende che costituiscono il mondo delle arti marziali. Dopo due ore di filosofie contemplative sulle arti marziali, The Grandmaster si conclude con un messaggio sovversivo e straordinariamente profondo sulla sopravvivenza nel mondo delle arti marziali: per diventare il maestro non devi sconfiggere i tuoi avversari – ma devi essere l’ultimo uomo che rimane in piedi.
Kevin Ma