Gli eventi del giugno 1987, quando milioni di persone si sono riversati nelle strade contro la dittatura militare di Chun Doo-hwan, hanno un posto fondamentale nella storia della Corea del Sud. Dopo una protesta durata tre settimane, il popolo si rivelò più forte del governo e gettò le basi per una riforma democratica che è arrivata sino ai nostri giorni. Questa potrebbe sembrare una vicenda ovvia da trasformare in un film, visto che l’industria del cinema coreano ha avuto negli anni grande successo proprio portando sul grande schermo altri grandi eventi della storia recente. Eppure solo ora un regista è riuscito a trasportare questi eventi in un film. Innanzitutto, la cosiddetta Lotta di Giugno non è la semplice ed edificante storia di una vittoria contro l’oppressione, come potrebbe sembrare dall’esterno. I coreani che hanno vissuto quell’epoca la ricordano con emozioni decisamente più complicate, visto che alla fine la dittatura militare detenne il potere per altri cinque anni e la transizione verso la democrazia risultò lenta e dolorosa.
Nel corso degli anni, diversi altri progetti cinematografici sull’anno 1987 non sono stati portati a compimento, in parte per la difficoltà di catturare le dinamiche di quel momento, ma il regista Jang Joon-hwan ha realizzato un film che non solamente risulta credibile a quelli che ne sono stati direttamente testimoni, ma che ha anche affascinato il pubblico più giovane, tanto da diventare un successo da 7 milioni di biglietti venduti.
1987: When the Day Comes è incentrato non sulle proteste stesse ma sugli eventi che hanno condotto a tali proteste. A differenza di un film come A Taxi Driver (2017), che si concentra su una toccante vicenda individuale, 1987 segue una lunga sfilza di personaggi, spostandosi avanti e indietro nel tempo attraverso le diverse storie. Il risultato è un ampio spaccato cinematografico della società coreana, ma il film cattura anche la sensazione di una rabbia a lenta combustione che si diffonde tra la popolazione e gradualmente sfocia in una spinta sociale molto potente.
Il film si conclude con la morte di due studenti, un evento reale ben noto al pubblico coreano. La prima è quella di Park Jong-cheol, uno studente di linguistica della più importante università coreana che morì mentre i poliziotti dell’Ufficio Investigativo Anticomunismo lo sottoponevano alla tortura del waterboarding. Rendendosi conto di quale potenziale esplosivo abbia la notizia di questo evento, il direttore dell’Ufficio (l’attore Kim Yun-seok, in un’interpretazione da pelle d’oca) ordina che il corpo venga rapidamente cremato. L’operazione però richiede l’approvazione del volubile procuratore Choi (Ha Jung-woo) il quale, non si sa se per idealismo o banale sentimento di ribellione, rifiuta di dare l’ordine e richiede un’autopsia. Da qui prende il via una lenta reazione a catena in cui medici, giornalisti, attivisti e guardie carcerarie partecipano tutti a piccoli atti di resistenza, in una valanga crescente che porta a una crisi di governo.
Se c’è un personaggio simbolo dell’intero popolo, quello è Yeon-hee, una studentessa universitaria che in un primo tempo dimostra ben poco interesse nei confronti della politica, finché un suo compagno di studi inizia a sfidare la sua compiacenza. La traiettoria della ragazza, una delle poche figure che non si basano su un personaggio reale, potrebbe sembrare piuttosto scontata, ma il suo ruolo viene ravvivato dall’interpretazione vivace di Kim Tae-ri (The Handmaiden). Certo è che 1987 fa ampio uso del potere divistico, che contribuisce a dar forma all’attenta miscela di critica sociale e di spettacolo che caratterizzano il film.
A volte per un film la tempestività è tutto. Alla fine del 2016, un anno prima dell’uscita della pellicola, una folla di dimensioni simili a quelle del 1987 ha riempito le strade di Seoul e di altre città chiedendo le dimissioni della corrotta presidente Park Geun-hye. Si è trattato di un punto di svolta per la giovane e resiliente democrazia della Corea del Sud, che ha reso quanto mai opportuno che un film come 1987 facesse luce sui tanti sacrifici che hanno consentito alla democrazia coreana di nascere.
Jang Joon-hwan
Jang Joon-hwan ha studiato regia alla Korean Academy of Film Arts, dove ha realizzato l’acclamato cortometraggio 2001 Imagine. Ha collaborato con il suo compagno di studi Bong Joon-ho alla sceneggiatura di Phantom: The Submarine (1999) prima di debuttare come regista nel 2003 con Save the Green Planet!, uno dei film di debutto più apprezzati del cinema coreano contemporaneo e ha vinto premi al festival di Mosca e al PiFan diventando un film di culto. Jang ha però avuto difficoltà nel far decollare Fartman, il suo progetto successivo, e ci sono voluti dieci anni buoni prima che uscisse il suo film successivo, il thriller Hwayi: A Monster Boy. 1987: When the Day Comes è, ad oggi, il suo film di maggior successo.
FILMOGRAFIA
2003 – Save the Green Planet!
2013 – Hwayi: A Monster Boy
2017 – 1987: When the Day Comes
Darcy Paquet