Canton Novelty
(narrative short)
China, 2017, 27', Mandarin
Dir/Ed: Fang Lu
Ph: Arie Kishon
Camera: Deng Zoenie, Guo Qiuli, Zhong Ruohan
Music: Arie Kishon
Sound Recording: Dickid Yang
Producer: Sue Hui
Presented by Guangzhou Zaidi Culture & Art Co., Ltd.
Cast: Deng Zoenie , Guo Qiuli, Zhong Ruohan
Canton Novelty crea piccoli miracoli nelle nostre vite quotidiane. Ruohan, Lily e Zoe, tre giovani donne che sono anche migliori amiche, trascorrono insieme le loro vacanze estive nella città di Guangzhou, nella Cina meridionale. Mentre documentano la loro vacanza con i cellulari, scoprono che ognuna di loro possiede un superpotere. Galvanizzate dalle telecamere dei loro cellulari, le ragazze ricreano e migliorano la realtà mentre giocano con la grande metropoli contemporanea in cui si trovano e che esaltano delicatamente ma in modo sovversivo con le loro sorprendenti capacità, per il piacere di noi spettatori, e per il loro.
Self Portrait: Birth in 47KM
(documentario)
China, 2017, DCP, 102’, Mandarin
Dir/Ed/Camera: Zhang Mengqi
Caochangdi Workstation
Zhang Mengqi realizza documentari che sono al contempo personali e universali, poetici e realistici. È una delle principali documentariste contemporanee cinesi e ha lavorato a una serie di quelli che definisce “autoritratti”, che fa parte dei film del Folk Memory Project curato da Wu Wenguang; ma mentre questi ultimi nascono come testimonianze orali delle esperienze di abitanti delle zone rurali cinesi, Zhang introduce dei luoghi tanto imprevedibili quanto rivelatori. Ad esempio è tornata al suo villaggio natìo dal nome 47KM (perché si trova a 47 kilometri da Suizhou, nella provincia di Hubei), per raccogliere la testimonianza degli anziani che ancora ci vivono e dei bambini che presto se ne andranno.
Zhang però non raccoglie le testimonianze passivamente. Ognuno dei suoi film è allo stesso tempo un autoritratto intimo, un’indagine della società del villaggio in cui è nata e un ritratto nazionale più ampio della storia dei contadini cinesi a cavallo tra il XX e il XXI secolo, una storia di miseria, resilienza, lotta e sopravvivenza.
I villaggi cinesi oggi sono abitati quasi esclusivamente da persone molto giovani o molto anziane, e quasi nessuno delle generazioni di mezzo (gli adulti sono partiti per andare a lavorare in città). Nel film si intersecano diverse epoche: un’anziana nonna curvata dagli anni ma chiaramente indomita, sopravvissuta alla Grande Carestia del 1959, ricorda le condizioni difficili e di estrema miseria in cui ha partorito e cresciuto otto bambini; un’adolescente incinta (la nipote della donna) descrive la sua vita amorosa ed espone le difficili condizioni lavorative che ha dovuto sopportare quando lavorava alla catena di montaggio della multinazionale Foxconn. I giovani e gli anziani abitanti del villaggio lavorano e lavorano, a volte giocano, ogni tanto perfino ballano, in un paesaggio avvolto da un fumo sinistro e carico di cattivi presagi.
Nulla viene abbellito di quest’esistenza difficile, ma le immagini di Zhang sono straordinarie, di una vivace espressività e completamente cinematografiche. Non si tratta di un documentario “d’archivio” o “sociologico”, bensì di un film a tutti gli effetti. La regista getta luce sui suoi soggetti e li interroga a fondo in modo delicato e stimolante insieme. Zhang filma non solo con la cinepresa, ma con il suo stesso corpo; amalgama spirito, corpo e visione, fondendoli in un film documentaristico artistico, potente e assolutamente unico. È una straordinaria aggregazione di elementi soggettivi e oggettivi, analitici e istintivi, concreti e astratti.
Shelly Kraicer