Gonjiam: Haunted Asylum

Un video girato sommariamente con lo smartphone mostra due liceali che ridacchiando penetrano in quello che sembra il corridoio di un ospedale decrepito. Quando i due cercano di aprire la porta della stanza 402 il video si interrompe all’improvviso. La scena cambia e vediamo Ha-joon, uno YouTuber che conduce il famoso programma Horror Times, promettere che arriverà in fondo al mistero che avvolge il più famoso manicomio coreano infestato dai fantasmi, il Namyang Mental Hospital di Gonjiam. Si forma subito un gruppo di zelanti volontari: La Ragazza Coraggiosa Ji-hyun (Park Ji-hyun di The Chase), l’esperto operatore Seong-hoon, l’apparentemente calmo commentatore Seung-wook, la Ragazza Carina Ah-yeon, la Fifona Je-yoon e la Ragazza Affascinante Charlotte. Muniti di un’attrezzatura all’avanguardia che filma simultaneamente i loro volti e gli oggetti che stanno davanti a loro, il componenti del gruppo si accampano accanto al decrepito ospedale psichiatrico, ormai abbandonato da anni, e attendono finché l’orologio segna la mezzanotte.

Gonjiam: Haunted Asylum è un film horror dal budget modesto del genere POV, o “found footage”. La sua principale attrattiva è la sua ambientazione, il manicomio Namyang Mental Hospital, un luogo reale, una volta descritto dalla CNN come uno dei sette luoghi abbandonati più inquietanti del mondo, fra cui la giapponese Hashima (nota anche come Battleship Island), la russa Chernobyl e la messicana Isla de las Muñecas. La pubblicità ha evidentemente aiutato il risultato del film al botteghino (e, a quanto pare, ha alimentato l’irritazione dei proprietari dell’edificio, che da tempo devono sopportare le incursioni di teppistelli in cerca di brivido: nella vita reale il manicomio è nascosto in una tranquilla area residenziale ed è deludentemente banale).

Per un cinico fan del cinema horror come me, è difficile soffocare uno sbadiglio non appena viene menzionato il termine “found footage”. Certo, qui si tratta di un film horror a basso costo che non ha nulla di profondo da dire sulla condizione umana e non è nemmeno troppo interessato alle sfumature nella caratterizzazione dei personaggi. Ma una volta messe in preventivo queste limitazioni, il film si dimostra sorprendentemente ricco di suspense. Aiuta moltissimo il fatto che lo sceneggiatore e regista sia Jung Bum-shik, che ha dato dimostrazione del suo tocco magico in Epitaph, ormai un classico, e nell’episodio Escape del film Horror Stories 2, che rimane uno dei prodotti più inquietanti del cinema coreano di genere che io abbia visto. Jung sa bene come destreggiarsi tra elementi visuali eterogenei e potenzialmente fuorvianti per mantenere una logica nel fluire degli eventi e rendere i suoi giovani attori credibili ed empatici. Bisogna ammettere che certe idee, come quella di alcuni graffiti sui muri che recitano “Viviamo!” (salja) o “Suicidati” (jasal) – un probabile richiamo alla scena “Redrum” di Shining – sono al limite della stupidità. Ma molti degli effetti spaventosi, specialmente quelli incentrati sul dislocamento spaziale simili a Operazione paura di Mario Bava, sono genuinamente efficaci. Anche gli effetti sonori e la musica di sottofondo quasi impercettibile sono eccellenti.

Curiosamente, Gonjiam, che è diretto a un pubblico giovanile, condivide alcune tematiche con Epitaph, più orientato storicamente: c’è un’allusione, sotto forma di un vero notiziario governativo, alla paranoia anticomunista del regime di Park Chung Hee come una delle fonti che stanno alla radice della “maledizione” dell’ospedale psichiatrico. Inoltre, una delle scene più da brivido ripete la scena meritatamente famosa e atrocemente spaventosa della “ninna nanna” presente nel film del 2007. La tematica onnicomprensiva dei fantasmi come individui intrappolati in un tempo e uno spazio che corrisponde al passato traumatico e sgradevole della Corea moderna potrebbe essere un altro dei punti in comune tra i due film.

Anche se non ha nulla di clamoroso, Gonjiam riesce a superare le sue modeste aspettative e mostra la notevole bravura di Jung come specialista dell’horror. Sulla base delle prove qui esibite, Netflix o Amazon dovrebbero assegnare a Jung un budget da cinque milioni di dollari che gli permetta di assecondare pienamente la sua diabolica immaginazione senza essere vincolato dai calcoli commerciali degli esercenti coreani.

Jung Bum-shik 

Nato nel 1970, Jung Bum-shik ha studiato produzione cinematografica a un corso di specializzazione della Chung-Ang University e ha fatto il suo debutto alla regia con l’acclamato horror Epitaph (2007), diretto a quattro mani con suo cugino Jung Shik. Subito dopo ha preso parte a due progetti di horror antologici ad alto profilo contribuendo a Horror Stories con un episodio di 27 minuti dal titolo A Fairy Tale of the Sun and Moon e l’anno seguente a Horror Stories 2 con Escape, della durata di 31 minuti. Fuori dal genere, Jung ha diretto la commedia romantica Working Girl (2014). Gonjiam: Haunted Asylum è ad oggi il suo maggior successo.

FILMOGRAFIA

2007 – Epitaph
2012 – Horror Stories (segment)
2013 – Horror Stories 2 (segment)
2014 – Working Girl
2018 – Gonjiam: Haunted Asylum
Kyu Hyun Kim
FEFF: 2018
Regia: JUNG Bum-shik
Anno: 2018
Durata: 81
Stato: South Korea

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