Tampopo

Il Giappone non è sempre stato un paradiso del cibo, dove Tokyo ha più ristoranti con stelle Michelin che Parigi. Nei primi, poverissimi anni del dopoguerra molti giapponesi dovevano arrabattarsi per trovare di che riempirsi la pancia, e il gusto passava in secondo piano. Ma a metà degli anni Ottanta il Giappone stava diventando una superpotenza economica e anche i comuni impiegati avevano i mezzi per coltivare il gourmet che ognuno ha dentro di sé.

Uscita in Giappone nel 1985, la commedia Tampopo di Itami Juzo satireggia il gurume bumu (“boom dei gourmet”) dell’epoca, e in particolare il feticismo del ramen, un tempo umile scodella di noodles fatta e consumata perlopiù da maschi in minuscole botteghe sudicie o all’aria aperta in bancarelle e chioschi. Il film fu un flop al botteghino giapponese, ma ebbe grande successo di pubblico e critica fuori dal suo paese, spingendo Itami entro la limitata cerchia di registi giapponesi di prestigio internazionale.

Al contrario, il film d’esordio di Itami, The Funeral (1984), che aveva come bersaglio l’industria funeraria giapponese, era divenuto un successo del cinema indipendente, facendo incetta di premi in patria. Tampopo e The Funeral presentano più o meno lo stesso approccio alla commedia, con gag mordaci, basate sull’osservazione di tendenze sociali dell’epoca e azzeccati riferimenti ai film hollywoodiani. Inoltre, anche se più intellettuali rispetto alla norma comica giapponese, entrambi i film sono concepiti come intrattenimento facilmente assimilabile, non come pellicole d’essai difficili da digerire. Itami, un maestro nella promozione del proprio lavoro, si riferiva a Tampopo come a un “noodle western,” con un chiaro riferimento agli “spaghetti western” italiani, all’epoca popolarissimi in Giappone.

Quindi, la ragione per la quale Tampopo non sia riuscito a sintonizzarsi con gli spettatori nipponici rimane una sorta di mistero, anche se oltre trent’anni dopo il film sembra premonitore e ancora pertinente. L’ossessione dei suoi personaggi per il cibo in generale e per il ramen in particolare si è da allora diffusa oltre il Giappone, insinuandosi anche nella cultura occidentale di massa. Nel frattempo, il genere cinematografico incentrato sul cibo che Tampopo ha contribuito a lanciare è diventato un caposaldo dell’industria del cinema giapponese, sebbene le commedie dallo stile così libero come quello di Tampopo siano ormai una rarità.

La storia è impostata come un classico western: un protagonista dalla mascella volitiva, Goro (Yamazaki Tsutomu) e il suo giovane compare Gon (Watanabe Ken) accorrono in soccorso di una vedova (Miyamoto Nobuko) e del suo bambino, minacciati da una banda di fuorilegge. Ma anche se Goro indossa un cappello da cowboy, lui e Gon fanno i camionisti, non i mandriani, e la vedova, Tampopo, è la proprietaria di un locale che serve ramen, non di un ranch. Infine, i componenti della banda guidata dal massiccio Pisken (Yasuoka Rikiya), sono suoi clienti. Goro esce malconcio da una scazzottata con Pisken e i suoi scagnozzi, ma quando dice a Tampopo che i suoi noodles devono essere migliorati, lei ascolta e gli chiede di insegnarle come si fa. Goro, che ha un grande cuore, accetta e promette di portare il locale di Tampopo al successo.

Inizia così il lungo apprendistato della donna nell’arte di preparare il ramen; lungo il percorso Tampopo non solo impara (e ruba) i segreti del mestiere ai suoi concorrenti, ma acquisisce anche un comitato consultivo di sensei (“maestri”) dei noodles, fra cui un anziano senza fissa dimora, l’autista di un riccone e persino Pisken, che rivela alla donna la sua ricetta segreta. Potrebbe sembrare una storia retrograda del tipo “maschi-salvano-donna-indifesa”, ma Tampopo è un tipo tenace e pieno di risorse, determinata a fare in modo che Goro e gli altri sensei sorbiscano il brodo del suo ramen fino all’ultima deliziosa goccia.

Nel raccontare questa storia di riscatto, Itami introduce una sfilza di esilaranti intermezzi comici, oltre a una trama secondaria sulla liaison tra un elegante gangster (Yakusho Koji) e la sua voluttuosa fidanzata che mescolano il cibo con l’Eros ogni volta che ne hanno l’occasione. Chi l’avrebbe mai detto che un tuorlo d’uovo potrebbe fungere da giocattolo erotico? Questa è solo una delle tante rivelazioni e divertenti delizie di Tampopo.

Itami Juzo

Nato a Kyoto nel 1933, Itami Juzo era il figlio del regista Itami Mansaku (1900-1946). Dopo essersi fatto conoscere come attore, nel 1984 Itami realizzò il suo primo lungometraggio da regista The Funeral, una satira su come si muore in Giappone. A questo seguì Tampopo (1985), e le commedie poliziesche A Taxing Woman- L’Esattrice (1987) e A Taxing Woman’s Return (1988). Dopo l’uscita della sua commedia sulla criminalità Minbo (1992) Itami venne aggredito e quasi ucciso da alcuni malavitosi. Si riprese, ma in seguito a un articolo apparso su un tabloid sulla sua presunta relazione con una donna più giovane, Itami cadde dal tetto dell’edificio dove lavorava e morì il 20 dicembre del 1997. Gira ancora voce che non si sia trattato di suicidio, ma la polizia giapponese non ha ancora classificato la morte del regista come un possibile caso di omicidio.   

FILMOGRAFIA

1984 – The Funeral
1985 – Tampopo
1987 – A Taxing Woman
1988 – A Taxing Woman’s Return
1990 – Tales of a Golden Geisha
1992 – Minbo
1993 – Daibyonin
1995 – A Quiet Life 
1996 – Supermarket Woman
1997 – Woman in Witness Protection
Mark Schilling
FEFF: 2018
Regia: ITAMI Juzo
Anno: 1985
Durata: 114'
Stato: Japan

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