Come i western hollywoodiani, i film giapponesi sulla malavita, che un tempo cavalcavano l’industria del cinema nipponico come un colosso di genere, sono ora diventati produzioni marginali e, anche se di tanto in tanto un regista famoso dice la sua come l’anno scorso Kitano Takeshi con Outrage Coda, un vero e proprio revival del genere è ancora di là da venire.
Shiraishi Kazuya fornisce indirettamente una spiegazione nel suo nuovo thriller poliziesco The Blood of Wolves. Pur lavorando su una sceneggiatura tratta dall’omonimo romanzo giapponese di Yuzuki Yuko, il regista si è ispirato a Battles Without Honor and Humanity, un’importantissima serie in cinque episodi del 1973-74 diretta da Fukasaku Kinji su una guerra ventennale tra bande rivali sviluppatasi a Hiroshima e nella vicina Kure.
Anche The Blood of Wolves è ambientato a Hiroshima, ma la sua storia – quella di un poliziotto veterano (Yakusho Koji) che se ne infischia delle regole, frequenta la yakuza locale e viene sospettato di essere colluso con essa – si svolge nel 1988. Inoltre, mentre Battles Without Honor and Humanity aveva un tono contemporaneo e atmosfere da reportage, questo film vuole essere uno sguardo nel passato verso un mondo ormai scomparso.
Gli appassionati dell’azione pura e dura esulteranno: gli abbondanti pestaggi e spargimenti di sangue vengono messi in scena con spavalderia vecchio stile ed energia istintiva, ma il film è anche una sorta di canto del cigno, perché l’antieroe protagonista della storia è l’ultimo esemplare della sua specie. È Ogami Shogo (Yakusho), noto a tutti come “Gami”. Sciatto e volgare, infrange le regole della legge con la stessa indifferenza con cui scuote un pacchetto sgualcito per estrarne l’ennesima sigaretta; eppure ottiene risultati. Durante un’indagine sulla sparizione di un contabile collegato alla malavita, Ogami chiede con noncuranza al suo nuovo collega Hioka (Matsuzaka Tori), un laureato dall’aspetto curato, di attaccar briga con un massiccio membro della banda Kakomura in una sala da pachinko. Riluttante, Hioka ottempera e viene picchiato a sangue prima che Gami accorra a salvarlo. Questi, col sorriso sulle labbra, fa un elenco dei vari crimini ai quali ha appena assistito (e che ha istigato): spediranno il criminale, soprannominato Sumo, al fresco per un bel po’. O forse Sumo avrà voglia di raccontare quello che sa riguardo al contabile sparito?
Dopo aver assistito a questa e altre palesi violazioni delle normali procedure di polizia, Hioka decide che il suo mentore non solo è un cattivo esempio ma anche uno sbirro corrotto che merita di essere punito. Nel frattempo, Gami sta cercando di fermare un’annosa guerra tra bande rivali. Nel 1974 la gang Odani aveva combattuto una sanguinosa guerra territoriale con la potente banda Irako-kai. Ora, dopo 14 anni, il viscido boss della banda (Ishibashi Renji) si è messo in società con la banda Kakomura per prendere possesso del territorio degli Odani. Sospettando che ci siano i Kakomura dietro la sparizione e probabile uccisione del contabile, Gami ha intenzione sia di catturare gli assassini sia di impedire un’altra guerra tra le due bande. Ma sembra anche che ogni volta lui sostenga gli Odani e cerchi di indebolire i Kakomura. Hioka si chiede cosa stia esattamente succedendo.
La sceneggiatura di Ikegami Jun’ya sviluppa con perizia, uno dopo l’altro, i vari strati della storia e, malgrado i molti personaggi, tra cui un’astuta maitresse (Maki Yoko) e un simpatizzante di destra piuttosto comico (Pierre Taki), il film non dà mai l’idea di essere sovraffollato. Intanto, le morti violente, inscenate per suscitare il massimo impatto, sfoltiscono il gregge. In secondo luogo, sbirri e malviventi sono individui ben distinti che non sempre sono come sembrano, primo tra tutti il carismatico Gami.
L’attore veterano Yakusho Koji ha già interpretato in passato ruoli simili, come quello del poliziotto fuori di testa in The World of Kanako di Nakashima Tetsuya (2014), ma al ruolo di Gami ha conferito un avvincente senso di divertimento, come se invischiarsi con dei criminali fuorilegge fosse un bel gioco. Al tempo stesso, però, Gami è anche un professionista serio che occulta dietro una maschera per nulla seria le sue vere intenzioni. L’attesa del momento in cui la maschera cadrà è lunga, ma vale la pena.
Shiraishi Kazuya
Dopo avere realizzato cortometraggi, videoclip e programmi tv, Shiraishi Kazuya (n. 1974) ha diretto il suo primo lungometraggio, Lost Paradise in Tokyo, nel 2013. Il suo thriller poliziesco The Devil’s Path (2013) è stato un successo di critica e di pubblico. È seguito Twisted Justice (2016), un thriller basato su una storia vera, che ha deluso al botteghino. Shiraishi però ha recuperato con Birds Without Names, un dramma sui rapporti umani del 2017 che ha ottenuto diversi riconoscimenti in patria, tra i quali il premio della Japan Academy come migliore attrice per la protagonista Aoi Yu. In Sunny/32, un film su un’insegnante che diventa l’oggetto di adorazione di una setta delirante, ritorna la coppia di interpreti di The Devil’s Path, Lily Franky e Pierre Taki.
FILMOGRAFIA
2009 – Lost Paradise in Tokyo
2013 – The Devil’s Path
2016 – Twisted Justice
2017 – Dawn of the Felines
2017 – Birds Without Names
2018 – Sunny / 32
2018 – The Blood of Wolves
Mark Schilling