Il regista Zhang Wei ha un profilo abbastanza particolare nell’industria cinematografica cinese, perché proviene dal mondo degli affari ed ha studiato regia soltanto dopo aver raggiunto l’indipendenza economica. Lo scopo dichiarato della sua attività di cineasta è mettere il dito sulla piaga di alcuni problemi della società cinese contemporanea; i suoi film sono tutti basati su fatti di cronaca, come Beijing Dream (2010) sui migranti africani in Cina, Factory Boss (2014) sul potere delle multinazionali o Destiny (FEFF 2016) sulla discriminazione nei confronti delle persone disabili. Anche il suo nuovo film The Rib affronta due argomenti ancora tabù in Cina: il cambio di identità sessuale e la fede religiosa. Il film – basato sul caso di un giovane transgender cresciuto nello Zhejiang all’interno di una comunità di fede cristiana – ha dovuto passare la censura non solo cinematografica ma anche quella religiosa, che ha richiesto tagli di ben quaranta minuti.
Al centro del film è il rapporto tra Huanyu, trentadue anni passati nel corpo sbagliato, e suo padre Jianguo, vedovo, membro devoto di una comunità cristiana.
Jianguo non è attrezzato mentalmente per una situazione come quella di fronte alla quale lo pone Huanyu quando l’ospedale a cui quest’ultimo si è rivolto per fare l’operazione di cambio di sesso – consentita dalla legge – esige l’autorizzazione dei familiari nonostante l’età adulta del paziente. Messo di fronte ad una realtà insospettata dalla rivelazione improvvisa che Huanyu fa al padre, Jianguo è completamente perso, non riesce neanche a capire la differenza concettuale tra transgender, omosessuale, malato o peccatore. La chiesa a cui entrambi appartengono è altrettanto incapace di accettare la diversità – il pastore della comunità non trova addirittura alcuna contraddizione nel fare una predica sul rispetto tra gli individui durante il servizio religioso e contemporaneamente cacciare fisicamente Huanyu dalla cappella. Le uniche persone che accettano e vedono Huanyu per la donna che è sono altri transessuali – neanche il vecchio compagno di scuola con il quale divide un appartamento, pur volendo difendere Huanyu dal pregiudizi e dal pettegolezzo, riesce a trattarlo come una donna. La piccola comunità di trans di cui Huanyu fa parte deve fronteggiare ostilità ed umiliazioni continue, anche nell’ambiente professionale. La combinazione dell’intransigenza della comunità religiosa assieme a quella sociale e ai pregiudizi culturali finisce per causare una tragedia, che narrativamente funziona da deus ex machina perché costringe Jianguo a scavare dentro se stesso per trovare la forza di accettare il figlio e di aiutarlo. Se da un lato il cambiamento fisico che Huanyu vuole per il suo corpo è enorme, forse ancora più grande è quello mentale al quale si sottopone il padre.
La sceneggiatura del film è stato un lavoro a più mani – tra cui quelle di uno scrittore transgender americano – ed è calibrata sulla sensibilità e scarsa familiarità dell’argomento tra il pubblico cinese. Il titolo del film è di ovvia ispirazione biblica, e si avverte nella sceneggiatura l’intenzione non solo di raccontare una storia dolorosa, ma anche di educare il pubblico su un argomento poco conosciuto. Sul piano stilistico la difficoltà della vita a cui è costretto Huanyu è rappresentata dall’uso di fotografia monocromatica, con l’unica eccezione di una scena cruciale in cui il colore rosso del vestito femminile indossato da Huanyu simboleggia il suo desiderio di vivere una vita piena. The Rib è un film che al pubblico occidentale può apparire scontato ma che diventa un atto di sfida coraggiosa – e necessaria – in una cultura come quella cinese.
Maria Barbieri