Vedendo per la seconda volta The Scythian Lamb di Yoshida Daihachi al Foreign Correspondents’ Club of Japan, mi è ritornata in mente Black Mirror, la serie britannica che propone provocatori scenari ipotetici (“supponiamo che”) ambientati in un presente alternativo o nel futuro prossimo. Già, sono un divoratore di serie tv.
Non che il provinciale porto marittimo del film sia una distopia alla Black Mirror: come il giovane funzionario locale Tsukisue Hajime (Nishikido Ryo) ci ricorda continuamente, la gente del luogo è amichevole e il pesce è delizioso. Il suo capo però gli dice che la popolazione cittadina è in calo e che serve nuova linfa. La sua soluzione al problema è quantomeno bizzarra: si tratta di far venire segretamente sei assassini che stanno già scontando la loro pena e offrire loro la libertà condizionata per un decennio. Se rimarranno puliti saranno liberi per sempre.
Tratto da un manga di Yamagami Tatsuhiko e Igarashi Mikio, questo “supponiamo che” pone uno schema da black comedy. Ma Yoshida, i cui film obbediscono raramente alle regole di genere, vi inserisce elementi di thriller, dramma sociale e persino azione con kaijū (mostri). La credibilità è a volte tirata per i capelli e le storie degli assassini non sono tutte coinvolgenti, ma la vicenda va dritta verso le tenebre.
Inoltre, il film attribuisce direttamente le conseguenze del crimine massimo sia a coloro che lo hanno perpetrato che alla società in cui essi vivono. Per i sei in libertà condizionata la riabilitazione è una possibilità, ma lo è anche un ritorno alla violenza.
I sei sono il tesissimo Fukumoto (Mizusawa Shingo), così assetato dell’aria della libertà da tenere la testa fuori dal finestrino dell’auto di Tsukisue come un cane, la silenziosa e strana Kurimoto (Ichikawa Mikako), che seppellisce amorosamente animaletti morti, l’ex membro della yakuza Ono (Tanaka Min), che intimidisce con il suo sguardo fisso e la cicatrice frastagliata che gli attraversa il viso, il sogghignante Sugiyama (Kitamura Kazuki), che riesce a fiutare un altro ex detenuto a chilometri di distanza, e la ardente Ota (Yuka), che trova l’uomo dei suoi sogni nel padre di Tsukisue, vittima di un infarto (Kitami Toshiyuki).
Colui che colpisce maggiormente è però Miyakoshi Ichiro (Matsuda Ryuhei), che si apre al suo nuovo habitat in un modo diverso da quello degli altri. Anche se rigido e distante, come provenisse da un altro pianeta, Miyakoshi riesce a fare amicizia con Tsukisue e a uscire con Aya (Kimura Fumino), una ragazza rientrata recentemente da Tokyo che con la sua impetuosa chitarra solista accompagna il basso di Tsukisue in una band di tre componenti. Provocando la suscettibilità di Tsukisue, che ha una cotta per lei sin dai tempi del liceo, Aya si riscalda ben presto per l’amico straniero Miyakoshi.
Tsukisue, che è interpretato dall’idolo pop e attore Nishikido, inizia nel ruolo della brava guida turistica che accompagna i sei che gli sono stati affidati ma rivela un aspetto più coriaceo man mano che il loro soggiorno si prolunga e loro ricascano nelle vecchie abitudini.
Il film, che si prende parecchie libertà rispetto al manga (come il gruppo musicale, che nel fumetto non esiste), mentre per la prima metà è una commedia spiritosa si trasforma nella seconda parte in un dramma pieno di tensione attraverso un solido sviluppo dei personaggi, anche se non tutti i sei assassini riescono a diventare figure tridimensionali.
Nel frattempo, a un festival annuale appare il costume di un mostro del folclore locale che, con i suoi occhi a palla, incombe come un’enorme statua sulla città. Nororo, questo è il suo nome, rappresenta la metafora delle forze ctonie che condannano i deboli, gli sventurati e i dannati.
E l’“agnello della Scizia” del titolo? Fa riferimento all’Agnello Vegetale della Tartaria, una pianta mitologica dell’Asia Centrale, il cui frutto era una pecora viva e sempre collegata alla pianta madre. Se separata dalla pianta, la pecora moriva – più o meno come gli esseri umani quando vengono privati della loro umanità.
Yoshida Daihachi
Yoshida Daihachi (n. 1963) è entrato nel 1987 a far parte di TYO, una società di produzione di pubblicità televisive, e nei vent’anni successivi ha girato molti spot per la tv, nonché video musicali, telefilm e cortometraggi. Il suo primo lungometraggio, la commedia Funuke Show Some Love, You Losers! (2007) è stato selezionato alla Settimana della Critica di Cannes, oltre che dal FEFF di Udine alla sua decima edizione. The Kirishima Thing, un dramma di Yoshida del 2012 ambientato in un liceo, ha vinto tre premi della Japan Academy, tra i quali il premio per il miglior film e quello per il miglior regista. Anche la sua opera successiva, Pale Moon, la storia drammatica di un’impiegata di banca (interpretata da Miyazawa Rie) che sottrae indebitamente denaro, ha fatto razzia di premi, tra cui migliore attrice a Miyazawa al Tokyo International Film Festival.
FILMOGRAFIA
2007 – Funuke Show Some Love, You Losers!
2009 – The Wonderful World of Captain Kuhio
2010 – Permanent Nobara
2012 – The Kirishima Thing
2014 – Pale Moon
2017 – A Beautiful Star
2018 – The Scythian Lamb
Mark Schilling