Difficile per Johnnie To uscire dalle oscurità di PTU (2003), che del suo mondo sembra celebrare le esequie, e della sua espressione è l’implosione. Tanto che forse la sola strada percorribile è l’afflizione, in una realtà di ambizioni destinate a fallire.
Osservato nel percorso autoriale di To (un percorso coerente e credibile, perfino negli episodi più commerciali e apparentemente inspiegabili), Throw Down, che viene riproposto al FEFF in una versione restaurata, ha la forma e il sentimento di un canto funebre. Perché il romanticismo è un impeto dolente, consapevole di una vita che è andata avanti senza poterla né fermare, né capire. Se “un eroe non muore mai”, adesso non è neppure più tempo d’eroi. E allora ci sono ex campioni di judo cui il destino riserva una condizione di sventura (Louis Koo), belle cantanti senza soldi e senza futuro che la fama trascura (Cherrie Ying) e giovani sportivi che scelgono la sfida quale forma di sopravvivenza, scontrandosi naturalmente con la fine delle speranze (Aaron Kwok): Throw Down getta a terra certezze e promesse, però non le calpesta, perché in questa riarticolazione dichiarata dell’esordio di Kurosawa Akira Sanshiro Sugata (1943), che per giunta di Kurosawa conserva forza e predisposizione d’animo, To sceglie la melanconia come contegno e la fiducia come carattere. I personaggi di Throw Down sono tutti dei perdenti, ma a loro è affidato il significato più profondo di un’armonia forse impossibile eppure viva.
Perciò Throw Down è determinante. Si tratta del vero, ultimo film dove Johnnie To lavora in modo così decisivo sullo stile, almeno fino a Three (2016): se in Election (2005), Election 2 (2006), Life Without Principle (2011) e Drug War (2013) il regista aderisce a un racconto più ampio, cercando e trovando un’altra epica (più politica, più “sociale”); e se in Exiled (2006), Sparrow (2008) e Office (2015) To riflette sulla propria cifra con gusto postmoderno, è qui, in questo capolavoro elegiaco ma di un’elegia senza sofferenza esibita, che Johnnie To accompagna il suo cinema a un porto che sia tanto di riepilogo quanto di rilancio, cioè sintesi perfetta di un’idea e sua simultanea rielaborazione, attraverso una “voce” personale ormai nota tuttavia ancora capace di squarci sorprendenti, dettagli inattesi, miracoli stupefacenti. È qui, inoltre, in questa ode quieta per uomini domati dalla vita e confinati ai suoi margini, che è racchiusa una delle scene più belle, commoventi e stilisticamente formidabili che To abbia mai girato, la fuga dalla bisca, un pezzo d’azione che si interrompe e riparte più volte con il ritmo, l’astrazione, l’umanità e il set di un musical hollywoodiano anni Cinquanta.
Johnnie To
Johnnie To Kei-fung è entrato all’emittente televisiva TVB nel 1972 diventando sceneggiatore-regista e produttore. Nel 1980 To dirige il suo primo film, The Enigmatic Case, e da allora la sua filmografia si è arricchita di molti successi di critica e di botteghino. Nel 1996 To è tra i fondatori della casa di produzione Milkyway Image, dove lavora a stretto contatto con lo sceneggiatore e regista Wai Ka-fai. La Milkyway Image si mette in luce con i suoi thriller come A Hero Never Dies (1998) e The Mission (1999). Negli anni To ha riscosso ampi riconoscimenti a livello internazionale per film come PTU (2003), Election (2005), Vengeance (2009).
FILMOGRAFIA
1998 – A Hero Never Dies
1999 – The Mission
2003 – PTU
2004 – Breaking News
2004 – Throw Down
2004 – Yesterday Once More
2005 – Election
2006 – Exiled
2008 – Sparrow
2009 – Vengeance
2016 – Three
Pier Maria Bocchi