Wrath of Silence

Il secondo film diretto da Xin Yukun è ambientato tra le montagne brulle e sconfinate che circondano Baotou, una città industriale della Mongolia, dove lo sfruttamento intensivo delle risorse minerarie ha trasformato le alture destinate al pascolo in un deserto inospitale.
Il film tocca diversi temi impegnativi come il rapimento di bambini, la distruzione dell’ambiente naturale e l’arroganza padronale dei nuovi ricchi, inserendoli in una gamma di registri cinematografici che va dal dramma al thriller al film d’azione, e con alcuni elementi che ricordano addirittura il genere fantasy, nonostante la narrativa rimanga saldamente ancorata ad una realtà brutale.

La storia comincia con le immagini di un bambino che porta le capre a pascolare. La quiete ispirata da questa scena viene immediatamente disturbata da una colluttazione all’interno di una miniera, durante la quale uno dei minatori viene avvertito che suo figlio è scomparso. Zhang Baomin è un uomo di principio, che fa sempre a botte con tutti; è muto da quando in un combattimento giovanile si è morso la lingua ma sa farsi capire, ed è temuto nonché ammirato al villaggio da quando è stato l’unico a rifiutare di cedere i propri terreni per lo sfruttamento minerario, e nella colluttazione che ne è seguita ha finito con l’accecare il macellaio nonché proprietario dell’unico ristorante del villaggio. La carne – di capra ma è inevitabile pensare ad una metafora per il corpo umano – ricorre spesso nel film in immagini molto grafiche, in cui la macchina da presa si sofferma sui particolari della carne macellata, affettata, utilizzata come strumento di tortura e consumata in modo quasi barbarico, per enfatizzare la brutalità dell’ambiente in cui si sviluppa la storia.

Baomin torna immediatamente al villaggio e comincia a cercare nelle zone circostanti il figlio scomparso, sospettando inizialmente il macellaio al quale non ha ancora finito di pagare la compensazione per l’occhio che gli ha fatto perdere, ma finendo poi in un’altra miniera – dopo un lungo percorso a piedi in cui la sua figura si staglia piccolissima sullo sfondo di montagne spoglie ed interminabili. Anche lì i minatori combattono contro un nuovo proprietario che li vuole licenziare. Baomin finisce per combattere con loro ed alla fine viene portato dinanzi al proprietario della miniera, Chang Wannian, un imprenditore brutale, corrotto e corruttore, che ha una grande passione per la carne di capra e per un hobby pericoloso: il tiro con l’arco. Chang Wannian è indagato dalla polizia che ha già arrestato il suo avvocato – Xu Wenjie, un uomo debole e infelice che, abbandonato dalla moglie, ha accettato di farsi corrompere da Chang ma odia se stesso ed il suo cliente.
I destini dei tre uomini si intrecciano quando Chang, convinto che l’avvocato abbia documenti che potrebbero aiutarlo a scagionarsi, ne rapisce la giovane figlia; una serie di coincidenze porta Baomin sulle tracce dei rapitori, ma questi ultimi lo ricattano promettendogli la restituzione di suo figlio in cambio della bambina di Xu…

Questi tre uomini non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro, e la loro diversità – che è quella tra classi sociali nella Cina contemporanea – è riflessa anche negli ambienti fisici in cui si muovono: quasi una capanna la casa di Baomin, un appartamento elegante ma freddo quella dell’avvocato, e un ufficio che trasuda ricchezza volgare quello di Chang. Ma sono accumunati da un istinto di sopravvivenza quasi animale, concentrati sulla propria salvezza e su quella dei loro figli, che li rende impermeabili alla sofferenza altrui. L’unico momento in cui si percepisce un senso di solidarietà umana è quello in cui il macellaio accecato da Baomin lo aiuta, in nome non solo della comune condizione di padri – il figlio del macellaio è un personaggio minore che però appare ogni tanto come in una tragedia greca coperto da una maschera sul volto a punteggiare la storia – ma anche per solidarietà di classe. Infatti, se c’è un messaggio nel film, è che anche quando cadono in disgrazia i ricchi se la cavano meglio dei poveri… Il titolo del film allude alla rabbia non solo del minatore muto ma anche di tutti coloro che sono sfruttati e dell’ambiente naturale distrutto dall’avidità degli esseri umani, come esemplificato da una spettacolare e sconvolgente immagine finale.

Xin Yukun

Xin Yukun (1984, Inner Mongolia). Diplomato alla Beijing Film Academy nel 2008, ha esordito alla regia nel 2014 con il film The Coffin in the Mountain che ha vinto il premio per il miglior film e la migliore regia al FIRST Youth Film Festival di Xining ed ha poi partecipato alla Settimana della Critica della Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2016 è stato uno dei tre registi asiatici a partecipare al film omnibus Distance prodotto da Anthony Chen di Singapore. Wrath of Silence è stato il film di chiusura del FIRST Youth Film Festival 2017.

FILMOGRAFIA

2014 – The Coffin in the Mountain 
2016 – Distance 
2017 – Wrath of Silence
Maria Barbieri
FEFF: 2018
Regia: XIN Yukun
Anno: 2017
Durata: 119'
Stato: China

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