Dying to Survive

Dying to Survive è stato il film fenomeno del 2018 in Cina, totalizzando 450 milioni di dollari statunitensi ed inaugurando il trend di film con un forte messaggio sociale ma politicamente non controverso. Il film è basato su fatti di cronaca: un malato di leucemia nel 2004 importò illegalmente in Cina medicine a basso costo per la cura del cancro prodotte in India. Nel film il ruolo del protagonista diventa quello di Cheng Yong, un importatore di olii afrodisiaci indiani che viene contattato da un malato perché lo possa aiutare ad importare le medicine. Cheng Yong – interpretato da Xu Zheng che con le sue indimenticabili espressioni facciali già dalla prima inquadratura rende la complessità del personaggio – accetta di collaborare per avidità e perché ha bisogno di soldi per il padre malato, inconsapevole delle conseguenze radicali che questa decisione avrà sulla sua vita. Perché Cheng Yong – con una ex moglie che lo tormenta ed un figlio con il quale fatica a comunicare – è il tipico piccolo trafficante tuttofare, opportunista e furbetto, ma ha anche un cuore.

Si ritrova rapidamente a capo di una banda di contrabbandieri improbabili, composta da Lv Shouyi, il primo malato che lo aveva contattato, da una pole dancer, madre di una ragazzina malata, che distribuisce il prodotto a gruppi organizzati di pazienti, da un prete che parla inglese e che aiuta nella comunicazione con il fornitore indiano, e da un altro giovane malato che si atteggia a Robin Hood. Dopo un inizio titubante, il business decolla e cresce, aiutando migliaia di pazienti a curarsi a prezzi contenuti, ma attrae anche l’attenzione dell’importatore del prodotto farmaceutico ufficiale, che si rivolge alla polizia. Sotto pressione da parte delle autorità ed allettato da un’ingente offerta di denaro, Cheng Yong decide di cedere il suo business ad un trafficante di medicinali falsi e di diventare un imprenditore tessile legittimo – annunciando la sua decisione al resto del gruppo in una scena cruciale che dimostra ancora una volta la bravura di Xu Zheng – ma un anno più tardi viene a sapere che il trafficante è scomparso e Lv Shouyi è in fin di vita. In questo preciso momento il film passa in modo assolutamente convincente e fluido dal registro della commedia a quello del dramma, con la regia di Wen Muye che dimostra una maturità notevole per un film d’esordio.

La seconda parte del film racconta la conversione di Cheng Yong in buon samaritano, aiutato dall’interpretazione di Xu Zhen che riesce ad essere convincente anche quando non deve far ridere ma piangere, e che rende assolutamente credibile la trasformazione del suo personaggio. Anche il resto del cast – e soprattutto Wang Chuanjun che interpreta Lv Shouyi – è stato all’altezza della situazione, in un film che alterna scene genuinamente divertenti con altre drammatiche senza mai perdere di coerenza narrativa e di stile. Mentre da una parte la morale del film sembra essere che nessuno è perfetto ma neanche completamente malvagio, il finale contiene anche un messaggio ufficiale, cioè che a seguito dei fatti raccontati le autorità hanno inserito il medicinale a basso costo tra quelli passati dal servizio sanitario nazionale.

Prodotto da Ning Hao e dallo stesso Xu Zheng, il film è stato paragonato per la tematica a Dallas Buyer Club ed ha avuto echi profondi a livello di opinione pubblica – è stato citato addirittura dal Primo Ministro Li Keqiang. Probabilmente il pubblico si è immedesimato in tutti quei malati che nel film protestano per l’inaccessibilità del farmaco a prezzi sostenibili e che rappresentano tutti coloro che non riescono a stare al passo con il costo della vita che cresce in modo spropositato. Come dice Cheng Yong in un momento di scoraggiamento: “C’è soltanto una vera malattia: la povertà”.
Maria Barbieri
FEFF: 2019
Regia: WEN Muye
Anno: 2018
Durata: 117'
Stato: China

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