Alcuni luoghi vengono considerati fantastici; altri no, e a volte i due aspetti coesistono in una vicinanza sconcertante, come New York City e il New Jersey, oppure Tokyo e Saitama. Questa prefettura a nord di Tokyo ha l’immagine di una terra di noiose cittadine dormitorio prive di attrazioni culturali che non siano centri commerciali e catene di ristoranti. Tutto questo e anche altro costituisce l’ingrediente principale di Fly Me to the Saitama, una commedia di Takeuchi Hideki che porta questo scontro tra città e periferia a estremi assurdi e fantastici. Tratto da un manga di Maya Mineo, il film è stracolmo di scherzi e osservazioni azzeccate su come gli abitanti di Tokyo e quelli di Saitama si vedono reciprocamente, e anche di pungenti frecciate sulle altrettanto disprezzate prefetture di Chiba, Gunma, Tochigi e Ibaraki.
Descritto così, il film potrebbe sembrare una storia “per soli giapponesi”, ma Takeuchi riesce a superare con successo le barriere culturali, anche se i suoi personaggi contemporanei trascorrono gran parte del loro tempo sullo schermo spostandosi attraverso la pianura di Saitama, di gran lunga meno ispiratrice. Tanto per cominciare, le gag ironizzano su quel tipo di snobismo e ansie sociali che non sono affatto circoscritti al Giappone. Chiunque si sia trovato da una parte o dall’altra del muro che separa i damerini di città dai sempliciotti di periferia può comprendere – e riderne.
La storia inizia con i Sugawara – Mamma (Aso Kumiko), Papà (Brother Tom) e la figlia grande Aimi (Haruka Shimazaki) – che partono dalla loro casa di Kumagaya nella prefettura di Saitama (notoriamente la città più eccitante del Giappone) per andare alla cerimonia di fidanzamento di Aimi. Papà, originario di Saitama e orgoglioso di esserlo, si risente per l’entusiasmo con cui la figlia lascia Kumagaya per Tokyo e i suoi piaceri. Per calmare le acque, Mamma si sintonizza su uno sceneggiato radiofonico in cui si narra una “leggenda metropolitana”: la ribellione della popolazione di Saitama contro i Signori di Tokyo.
Uno stacco ci presenta una Tokyo alternativa, dove gli abitanti della prefettura di Saitama devono essere in possesso di uno speciale visto per riuscire a entrare nei sacri confini della capitale e vengono considerati dagli abitanti di Tokyo come il peggio del peggio. Atteggiamento, questo, particolarmente evidente alla Hakuhodo Academy, un liceo elitario il cui rappresentante degli studenti è Dannoura Momomi (Nikaido Fumi), figlio affettato e snob del governatore di Tokyo. La sua supremazia verrà ben presto minacciata da Asami Rei (la popstar e attore Gackt), uno studente arrivato dall’America che con la sua dolce eleganza e i suoi capelli lunghi fa andare in deliquio tutte le compagne di classe. A far infuriare ulteriormente Momomi c’è la palese simpatia di Asami nei confronti degli studenti borsisti che provengono da Saitama, dei poveri diavoli obbligati a vivere in un tugurio, lontano dagli splendori da reggia di Versailles del campus della Hakuhodo.
Il maggiordomo del governatore, l’occhio di lince Akutsu (Iseya Yusuke), sospetta che Rei non sia esattamente quello che sembra, ma quando Rei improvvisamente bacia Momomi, quest’ultimo rimane irretito e diventa il suo migliore amico. Poi però Momomi scopre che Rei (attenzione: spoiler) è il figlio del leggendario leader del Fronte di Liberazione di Saitama. Che farà Momomi? Si unirà a Rei nella ribellione o sosterrà il proprio padre?
Come Minami fa ripetutamente notare, questa trama sull’incontro tra due ragazzi sembra uscita da un manga sul tema dell’amore omosessuale tra adolescenti (Yaoi). Takeuchi e lo sceneggiatore Tokunaga Yuichi però la espandono non solo con riferimenti d’attualità (alcuni dei quali possono risultare criptici agli stranieri) ma anche con scene d’azione e atmosfere da costosi film di cappa e spada, con tanto di costumi dell’epoca feudale, seppur senza spada, per i ribelli. Il tutto interpretato con plateale faccia tosta – e proprio per questo più divertente.
Come sempre, a spiccare è Nikaido Fumi, la quale interpreta il sessualmente indeciso Momomi con un misto di serietà da shojo manga (fumetto per ragazze) e un malizioso umorismo metanarrativo che ne fa qualcosa di più di un cartone animato, ma sempre molto divertente. Con lei nel ruolo del protagonista, Fly Me to the Saitama può spiegare le proprie ali verso il mondo.
Mark Schilling