I film di Sabu, ossia l’attore e regista Tanaka Hiroyuki, parlano solitamente di personaggi in movimento, che si tratti di anime tormentate in viaggio (Blessing Bell) o balordi in fuga (Unlucky Monkey). La storia è solitamente comica, ma nel corso della sua ventennale carriera Sabu si è cimentato anche in film drammatici (The Crab Cannery Ship).
Il suo ultimo lavoro, Jam, è un altro film nella lunga lista di commedie dell’assurdo tipiche di Sabu, ma stavolta con qualche punta di dramma sentimentale e di caustica critica sociale. La sua struttura, però, composta di tre differenti linee narrative ambientate tutte in una piccola città di provincia, rappresenta una novità, come lo è anche il finanziamento di LDH, una società di produzione e agenzia di spettacolo che rappresenta anche la boy band Exile e tutti i suoi sottogruppi e filiazioni. Non c’è quindi da sorprendersi se il cast del film è composto da diversi talenti della LDH.
La storia è tratta da una sceneggiatura originale di Sabu seppur con qualche richiamo a Misery non deve morire di Rob Reiner e alla serie di cappa e spada sui samurai Lone Wolf and Cub. L’obiettivo era quello di creare una corsa divertente con una destinazione finale furba e inattesa.
Il film inizia con Hiroshi (Aoyagi Sho), un cantante di enka (ballate giapponesi) che si esibisce davanti a un gruppo ristretto ma devoto di appassionate di una certa età in una sala decrepita. Nell’incontro col pubblico che segue lo spettacolo, una donna suggerisce a Hiroshi di cambiare il suo repertorio, mentre un’altra difende le scelte del cantante in modo un po’ troppo veemente per non creare imbarazzo in tutti, Hiroshi compreso. Più tardi, quando Hiroshi prende la strada di casa, la zelante fan, Masako (Tsutsui Mariko), esce dalle tenebre per offrirgli della zuppa fatta in casa, che lui ingurgita diligentemente.
Poco dopo vediamo Tetsuo (Suzuki Nobuyuki), un ex detenuto che spinge la sedia a rotelle di un’anziana signora dentro un centro commerciale abbandonato, e scopriamo che si è appena vendicato dei colleghi malavitosi che lo hanno fatto mettere dietro le sbarre. I sopravvissuti, però, stanno pianificando la vendetta.
Poi incontriamo Takeru (Machida Keita), un serio giovanotto alla guida di una vecchia Nissan President Sovereign (un tempo l’auto preferita da ricchi burocrati e uomini d’affari), che va alla ricerca di persone a cui prestare aiuto, nella convinzione che compiere tre buone azioni al giorno lo aiuterà a far risvegliare la sua fidanzata in coma. Hiroshi avrà presto un gran bisogno del suo intervento.
I destini dei tre protagonisti finiscono per intersecarsi, anche se nel frattempo il film fa alcune deviazioni per descrivere eventi riguardanti il loro passato e per gettare uno sguardo al prossimo futuro. Malgrado diversi colpi di scena le loro storie si seguono agevolmente; delle tre, la più divertente e istruttiva è quella di Hiroshi e Masako.
Uno dei motivi è che il repertorio di Hiroshi – fatto di canzoni composte per l’occasione su testi scritti da Sabu – rappresenta l’essenza reale e decadente dell’enka. Un altro è l’interpretazione perfettamente centrata di Aoyagi nel ruolo di Hiroshi, che canticchia ed entra in contatto con i fan, ma a un certo punto fa esplodere la propria noia e disperazione.
Intanto Tsutsui Mariko presta il volto al personaggio di Masuko con un azzeccato mix di comica pazzia e spaventosa determinazione. Certo, forse sta alludendo a Kathy Bates, che ha interpretato la fan impazzita di Misery non deve morire – ma rende Masuko simpatica, con un aiutino da parte di una pallottola e di un parabrezza.
Senza di lei il film sarebbe come del pane tostato – scusate la battutaccia! – senza marmellata.
Mark Schilling