Sin dal momento in cui In-gu arriva alla pensione sulla spiaggia dell’isola di Jeju per trascorrervi qualche giorno, appare infastidito e a disagio. Siamo fuori stagione, e quindi non c’è quasi nessuno in giro, ma gli vengono imposte rigide regole di condotta e il divieto di fare qualunque rumore di notte. L’uomo sembra insoddisfatto della sua stanza e del cibo locale, ma la vera fonte del suo fastidio diventa palese in seguito: In-gu è l’ex fidanzato della moglie del proprietario della pensione. Non gli interessa la vacanza – ma vuole affrontare la sua ex e ottenere alcune risposte sul loro passato.
Quella che sembra destinata a diventare una situazione profondamente problematica invece cambia improvvisamente tono, a causa di una coincidenza. Ci sono altre due donne che soggiornano in quella pensione: Chae-yoon e Ha-seo. La civettuola Ha-seo, attirata in questo posto dalla sua fama di luogo per surfisti, è delusa di scoprire che in questo periodo dell’anno non c’è molta gente in giro. Chae-yoon è più introspettiva e sembra felice di rilassarsi e fare la turista per caso, ma avrà una sorpresa inattesa: Jeong-bong, il proprietario della pensione, lavorava con lei a Seoul qualche anno prima. E, dal modo in cui si comportano l’uno con l’altra, sembra che non fossero solo semplici colleghi.
Nel cinema indipendente coreano attuale si è fatta strada la tendenza ad ambientare storie in pensioni per vacanze (altri esempi relativi agli ultimi sei mesi sono Ode to the Goose di Zhang Lu e la coproduzione nippo-coreana diretta da Choi Hyun-young Memories of a Dead End). Nei film queste svolgono la funzione di luoghi di fuga temporanea (o, per i proprietari, fuga più permanente) dagli stress e dai vincoli sociali della città. Tuttavia, in Passing Summer la pensione è anche un luogo in cui sentimenti irrisolti e relazioni del passato vengono riportati a galla. Così, quella che inizia come una storia rilassata e persino un po’ banale si scalda sempre più, mentre le emozioni affiorano in superficie.
Il regista Cho Sung-kyu occupa un posto tutto suo all’interno della comunità cinematografica coreana. Dopo aver lavorato per anni come produttore e distributore, è attualmente un regista a pieno titolo ed è molto attivo, ma i film che realizza non sono né impegnativi come la gran parte dei film indipendenti né progettati a tavolino come la gran parte dei film commerciali. Le sue storie sono di una normalità quasi radicale, con attori famosi che interpretano perfettamente personaggi qualunque con desideri e ambizioni comuni. Gli eventi sullo schermo si sviluppano lentamente e in modo naturale, come accade nella vita reale. Tutto questo potrebbe sembrare noioso, e invece non lo è; in questo film, finora il più riuscito che Cho abbia realizzato, ci sono un calore umano, una compassione e un umorismo delicato che risultano molto piacevoli.
In definitiva Passing Summer parla di tutte le storie e ricordi irrisolti del nostro passato che ci portiamo ancora dentro, senza mai condividerli con il mondo esterno. Invece di idealizzarli il regista Cho li presenta su un piano molto umano, tanto che si riesce a provare affetto per i personaggi, e soprattutto per i loro numerosi difetti e contraddizioni. Per questo è un film che fa stare bene pur senza perdere il senso della realtà.
Darcy Paquet