Nel cinema di Hong Kong scarseggiano i delicati ritratti di domestici stranieri e persone con disabilità fisiche, ma con Still Human la talentuosa regista esordiente Oliver Chan fa la sua parte per abbattere le barriere. La storia, scritta e diretta da Chan e infusa di uno spigliato umorismo, ruota intorno a Evelyn Santos (Crisel Consunji), che dalle Filippine si trasferisce a Hong Kong per lavorare come badante, come gli altri 380.000 domestici stranieri che vivono in città. Il suo datore di lavoro è Leung Cheong-wing (Anthony Wong), un uomo paralizzato dal torace in giù , che passa gran parte del tempo rinchiuso nel suo appartamento in una casa popolare e che sembra davvero un grande brontolone.
Le colleghe esperte dispensano a Evelyn consigli e informazioni per la sua attività lavorativa – fai la finta tonta, le dice una di loro, e non imparare il cantonese – mentre lei cerca di fare del suo meglio nel suo difficile lavoro. Per prima cosa, le faccende domestiche sono impegnative, Cheong-wing sembra difficile da accontentare e al mercato locale la imbrogliano sfacciatamente. Quando fa inavvertitamente cadere Cheong-wing, che si ferisce a una gamba, Evelyn si mette a sollevare secchi d’acqua per allenarsi al suo lavoro fisicamente impegnativo. Si sforza anche di imparare il gergo locale, instaurando con Cheong-wing un rapporto che corre su un Chinglish scherzoso, punteggiato di parolacce. Evelyn è anche appassionata di fotografia e quando Cheong-wing e il suo fedele amico Fai (Sam Lee) le regalano una nuova macchina fotografica, si sente incoraggiata a inseguire un’ambizione che nutre da molto tempo.
Con il passare delle stagioni, Still Human crea un vivido ritratto dei due protagonisti e del loro rapporto. Evelyn, che è laureata e spera di trovare la libertà attraverso l’annullamento del matrimonio in patria, e Cheong-wing, che ha un’ex moglie e un figlio studente che vivono all’estero, si aggrappano entrambi alla dignità e ai propri sogni e si aiutano a vicenda, con alti e bassi.
Il materiale di base di Still Human avrebbe potuto tradursi in un’opera estremamente drammatica, ma Oliver Chan ne ha tratto un film che diverte e commuove con la stessa facilità. Il basso profilo adottato in prevalenza da Chan spesso paga, soprattutto nella storia di Evelyn. I commenti fanno riferimento ad abusi che vengono segnalati dai media (“Almeno il suo datore di lavoro non la picchia”, osserva un’amica), e la storia di Evelyn è rappresentativa di esperienze più ampie. Quando la sorella di Cheong-wing, Jing-ying (Cecilia Yip) si comporta in modo crudele con Evelyn, la sceneggiatura di Chan lascia perdere i maltrattamenti presi dai fatti di cronaca per dare voce, invece, a certi atteggiamenti comuni che potrebbero colpire da vicino alcuni spettatori. Le scene delle giornate libere di Evelyn consentono una maggiore esposizione delle esperienze dei lavoratori migranti, e alcune parti della vicenda riecheggiano anche la storia di Xyza Cruz Bacani, una fotografa professionista filippina le cui fotografie hanno destato attenzione a livello internazionale mentre lei lavorava a Hong Kong come collaboratrice domestica.
Chan, che ha partecipato al concorso di cortometraggi Fresh Wave nel 2015, ha realizzato Still Human dopo che la sua proposta di produzione, con Fruit Chan in veste di produttore, ha vinto il finanziamento della First Feature Film Initiative, gestita dal governo. Come altri film usciti dal programma, tra cui Mad World e Weeds on Fire (entrambi del 2016), il film è un’opera a basso budget che punta in alto. È, in particolare, la qualità della recitazione dei protagonisti che innalza il livello della produzione. L’attore veterano Anthony Wong interpreta Cheong-wing con un cocktail ben riuscito di stile da uomo qualunque, pathos e acuto umorismo. Al suo fianco, l’attrice esordiente Crisel Consunji, che ha studiato canto e recitazione teatrale nelle Filippine e oggi dirige dei centri per la prima infanzia a Hong Kong, offre un’interpretazione forte e calorosa. Fino a quando Still Human finisce, con l’immagine primaverile delle fibre che il vento fa piovere dagli alberi del cotone, le loro convincenti interpretazioni contribuiscono a far sì che l’ambiziosa opera prima di Oliver Chan non sia solo un’opera dirompente, ma che lo sia in un modo profondamente coinvolgente.
Tim Youngs