Ten Years Taiwan, parte del progetto internazionale Ten Years che comprende anche il Giappone e la Thailandia, è composto da cinque cortometraggi che prevedono ciò che accadrà a Taiwan nel giro di dieci anni. A metà strada, dal punto di vista stilistico, tra il sobrio Ten Years Japan e lo stravagante Ten Years Thailand, il film presenta la più variegata compagine di registi di tutti i progetti Ten Years realizzati finora. Evitando le tensioni politiche tra Cina e Taiwan che spesso riempiono i titoli dei giornali, questi filmmaker si concentrano sui problemi sociali che affliggono diversi strati della società taiwanese.
Il film inizia con l’episodio The Can of Anido di Cilangasan Lekal Sumi (Panay). Ambientato nell’isola di Orchid, al largo della costa orientale di Taiwan, il cortometraggio racconta della vita tranquilla di un vecchio isolano della tribù Tao. Quando si avvicina un tifone, il vecchio è ossessionato dall’angoscia per il sito di stoccaggio dove sono state immagazzinate scorie nucleari prodotte dalle centrali atomiche a partire dal 1982. Filmato poeticamente con un tocco di realismo magico, Anido è una protesta malinconica su un problema che ha tormentato generazioni di residenti dell’isola di Orchid.
Anche 942 di Rina B. Tsou è tratto da un vero fatto di cronaca. Il cortometraggio inizia nel futuro, con la storia di un’infermiera taiwanese che è stata violentata dal suo capo mentre lavorava in un ospedale all’estero. La struttura cronologica a ritroso di Tsou ha finalmente un senso quando, a metà strada, viene rivelata la fonte d’ispirazione della storia: nel 2016, una badante indonesiana a Taiwan, stuprata dal suo datore di lavoro, ha inviato un video del vile atto ai media indonesiani, dopo che la sua agenzia di collocamento si era rifiutata di agire. Devastante e talvolta difficile da guardare, 942 è una furiosa accusa dell’atteggiamento della società taiwanese nei confronti delle problematiche dei lavoratori migranti.
Way Home di Lu Po-shun esamina l’allargamento del divario economico e sociale tra le aree urbane e rurali di Taiwan attraverso gli occhi di Dong-yang, un giovane che vive in una località di campagna. Non volendo raggiungere i genitori in città, decide di uscire con gli amici per cercarsi un lavoro, ma quello che trova è solo un paesaggio di strade vuote e fabbriche chiuse. Girato con riprese lunghe e digressive fatte con la Steadicam, che ricordano i film più recenti di Terrence Malick, Way Home è una meditazione sul malessere rurale realizzata magnificamente.
Il corto più divertente del film è A Making-Of di Hsieh Pei-ju. Come in Unwritten Rules di Cheng Yu-chieh nel film antologico 10 + 10, A Making-Of utilizza un set cinematografico in crisi per fare ironia su un dibattito di alto profilo. In questo caso, una troupe impegnata nella realizzazione di una pubblicità di ravioli deve cercare un attore neonato, in una società futura in cui il tasso di natalità è diminuito drasticamente. Leggero e spesso molto divertente, il corto ridicolizza anche il modo in cui generazioni diverse valutano l’evoluzione dei costumi sociali nella moderna Taiwan.
Lau Kek Huat, malese ma residente a Taiwan, firma l’episodio più fantascientifico del film, The Sleep. Ambientato in un mondo in cui le persone possono scegliere di perdersi in sogni personalizzati, The Sleep è incentrato su una donna che sprofonda sempre più nel sonno per anestetizzarsi dalla sofferenza del mondo reale. The Sleep, l’episodio più ambiguo ma anche, probabilmente, il più ideologicamente radicale del film, è un racconto allegorico di ammonimento contro l’apatia politica e sociale.
Come molti film antologici, Ten Years Taiwan risente di alcune incoerenze tonali. Tuttavia è anche quello più ambizioso tra tutti i Ten Years realizzati, per la scelta di includere una vasta gamma di voci diverse. Messi insieme, questi cinque cortometraggi esprimono una dichiarazione forte sull’efficacia del cinema quale promotore del cambiamento sociale.
Kevin Ma