Two Sisters

James Lee è stato uno dei pionieri e pilastri della cosiddetta Malaysian New Wave (la “nuova onda” della Malaysia) d’inizio millennio. Tra i fenomeni più interessanti sviluppatisi nel cinema del Sud-est asiatico grazie all’avvento del digitale e alla “democratizzazione” delle pratiche di produzione cinematografica, quella fervida e memorabile stagione è ricordata per produzioni a basso budget che conobbero un notevole successo nei festival internazionali, in particolare in Asia – fornendo un importante modello e ispirazione per altre correnti di “nuovo cinema” nella regione e oltre. Una delle caratteristiche fondanti di tale movimento fu la mutua collaborazione tra cineasti che solidalmente prestavano aiuto, in un modo o nell’altro, alle produzioni dei colleghi. Lee che è stato l’antesignano del movimento, ad esempio, fu direttore della fotografia di Monday Morning Glory di Woo Ming Jin (2005) e Love Conquers All di Tan Chui Mui (2006), gli acclamati debutti di due colleghi della Malaysian New Wave, e fu attore principale di Flower in the Pocket (2007), premiatissimo esordio di Liew Seng Tat. Di suo, Lee si fece una reputazione grazie ad opere intimiste incentrate sul delicato fluire del sentimento amoroso, ma anche con il misterioso The Beautiful Washing Machine (2004), che alcuni considerano una delle opere seminali del nuovo cinema della Malaysia.

A causa di una mancanza di sostenibilità del modello, principalmente connessa ad un’assenza di sostegno istituzionale ed economico per produzioni realizzate principalmente in lingue cinesi (non considerate quindi come “film nazionali” in Malaysia) e mirate al circuito dei festival internazionali (e quindi snobbate da esercenti e pubblico locali), la Malaysian New Wave si è a poco a poco spenta. Ma James Lee è stato anche in questa svolta pioniere. Già nel 2008, infatti, ha intrapreso una seconda carriera nella produzione commerciale di film di genere, con l’horror Histeria. E di lì in poi, si è cimentato soprattutto nella produzione di genere, horror e film d’azione, intervallati da regie di serie televisive e spot pubblicitari.

Lee approda finalmente al Far East Film di Udine con la sua ultima esplorazione nell’universo del brivido, Two Sisters. E si tratta di una piacevole sorpresa, in cui con il consueto approccio a basso budget, Lee innesta nuova linfa in canoni e paradigmi consolidati. Girato in un paio di settimane, utilizzando una grande villa come set principale, Two Sisters si apre su un prologo inquietante che prefigura un disturbante trauma infantile. E di lì si salta al presente, per documentare le differenti sorti delle due sorelle del titolo: una, affermata e ammirata scrittrice, l’altra, instabile paziente di un’istituzione psichiatrica in procinto d’essere dimessa per un periodo di prova. E la prima, ovviamente, si fa carico della seconda, riconducendola alla casa di famiglia e riportandola inevitabilmente a riesplorare le radici del suo disagio. E quel che più interessa in quel che ne seguirà è proprio il fatto che Two Sisters è un film che rimane ancorato strenuamente ad una concezione psicologica anziché effettistica dell’orrore. Tra porte da non aprire, incubi ossessivi, ombre minacciose, rumori inattesi e un crescendo di destabilizzante confusione tra realtà e proiezioni del subconscio, Lee rinnova il piacere di un terrore che non si materializza in nefaste creature o esplosioni di violenza splatter. Usando da par suo con economia e sapienza le limitate risorse a disposizione e distillando efficaci interpretazioni dalla sua coppia di attrici (Emily Lim e Mei Fen Lim), James Lee firma qui il suo horror più convincente, in un equilibrio quasi perfetto tra intenzionalità del racconto e piacere dell’uso delle pratiche del genere. Perché se certo i più avvezzi al genere capiranno prima della risoluzione il segreto che si cela dietro le turbe delle due sorelle, rimane ammirevole e non è da poco il savoir faire con cui Lee conduce giochi di slittamento d’identità ed emersione del rimosso. E il finale risulterà nondimeno doloroso e spiazzante. Una riuscita che è una bella promessa/premessa per i sicuramente numerosi film di Lee a venire.
Paolo Bertolin
FEFF: 2019
Regia: James LEE
Anno: 2019
Durata: 88'
Stato: Malaysia

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