Il progetto One Belt One Road lanciato dal governo cinese nel 2013 è un piano di investimenti infrastrutturali giganteschi che collegheranno più di 60 Paesi alla Cina. Definito da molti come il più grande progetto di diplomazia economica dopo il piano americano Marshall del dopoguerra, è un progetto molto controverso, perché nonostante le rassicurazioni cinesi che si tratta di un progetto basato sul principio del win-win, molti lo considerano un progetto egemonico a beneficio principalmente della Cina. Il progetto, che in italiano è soprannominato “la Nuova Via della Seta” prevede la costruzione, tra l’altro, di strade, ferrovie, porti e centrali elettriche su due direttrici principali da Est a Ovest, dirette entrambe in Europa: una ferroviaria che passa attraverso l’Asia centrale ed una marittima che attraversa l’Oceano Indiano fino all’Africa, per poi dirigersi verso Nord.
L’Italia è uno dei Paesi che hanno aderito all’iniziativa e quindi il giornalista Pio d’Emilia, esperto di Asia Orientale, ha deciso di fare un reportage sulla rotta ferroviaria che è già in operazione e che partendo dalla città di Chongqing nel Sichuan – la municipalità più grande del mondo con i suoi 35 milioni di abitanti – arriva fino alla città di Duisburg in Germania e da lì in Italia al polo logistico di Mortara in provincia di Pavia, trasportando enormi quantità di prodotti cinesi. Nel seguire il percorso fisico di questi treni d’Emilia – accompagnato da Andrea Cavazzuti, operatore cine-televisivo italiano che conosce profondamente la Cina – attraversa le province nord-occidentali cinesi e poi gli altri Paesi interessati dalla ferrovia, parlando dell’impatto economico e politico che il progetto cinese avrà nel mondo occidentale. Ma contemporaneamente ne approfitta per osservare diversi aspetti della cultura cinese tradizionale, incontrare cinesi le cui vite sono state cambiate radicalmente dalle prospettive aperte dalla ferrovia e rappresentanti del mondo diplomatico ed imprenditoriale italiano coinvolti direttamente o indirettamente nel progetto, e non manca di scontrarsi anche con la tipica intransigenza della burocrazia nei confronti dei giornalisti sia in Cina che nei Paesi limitrofi.
La Cina è presentata come un Paese moderno, efficiente, ed all’avanguardia in molti settori, compreso quello della protezione ambientale – nell’immaginario dell’Occidente nel corso di un secolo di storia il popolo cinese è stato considerato prima una minaccia gialla, poi rossa, ed ora si è trasformato nella “speranza verde”. Ma la ferrovia attraversa anche lo Xinjiang, regione ricchissima di materie prime ma tormentata dalla difficile convivenza tra l’etnia han e quella uigura di fede musulmana, dove d’Emilia e la sua troupe sono assoggettati a misure restrittive che rimandano ad altri tempi – la sensazione di diffidenza e la mancanza di collaborazione da parte delle autorità nei confronti dei media appare ancora più evidente quando la troupe attraversa la Russia.
Alla fine del viaggio arriva la doccia fredda: lo scambio commerciale che la ferrovia dovrebbe facilitare per il momento è unilaterale, nel senso che a fronte dei quattromila convogli arrivati in Europa nel 2018 con merci cinesi, soltanto uno è ripartito dall’Italia con merci italiane dirette in Cina. È la miopia dell’imprenditoria italiana che causa questa mancanza di equilibrio, oppure hanno ragione i disfattisti, quelli che non si fidano delle dichiarazioni di principio cinesi? La questione è ancora aperta e le interviste fatte da d’Emilia in Italia a rappresentanti del governo e del mondo imprenditoriale non mettono la parola fine alle polemiche sul futuro del “continente” Eurasia.
Maria Barbieri