A Beloved Wife
t.l. Una moglie adorata
喜劇 愛妻物語 (Kigeki Aisai Monogatari)
Japan, 2020, 118’, Japanese
Directed by: Adachi Shin
Script: Adachi Shin
Production Company: Bandai Namco Arts
Cast: Hamada Gaku, Mizukawa Asami, Niitsu Chise, Kaho, Fuse Eri
Date of First Release in Territory: September 11th, 2020
Premiere status: International Premiere
Gli scontri verbali tra i due sessi sono una caratteristica tipica delle commedie romantiche e solitamente rappresentano l’inizio di un percorso narrativo che va dallo scontro verbale all’innamoramento. Tuttavia, le discussioni tra coppie sposate sono spesso, nei film, preludio di una separazione, e Storia di un matrimonio di Noah Baumbach ne costituisce un esempio recente e molto acclamato.
In Giappone la comicità si è nutrita per lungo tempo della figura della kakaadenka, ovvero la moglie dalla lingua affilata che schiavizza un marito perennemente sottomesso, senza farne tuttavia il tema principale di molti lungometraggi. La commedia A Beloved Wife di Adachi Shin, tratta dal romanzo parzialmente autobiografico del 2016 dello stesso regista, costituisce quindi una sorta di anomalia.
Il film, presentato in concorso al Tokyo International Film Festival del 2019, è incentrato su uno sceneggiatore in cattive acque (Hamada Gaku) e sulla sua irascibile consorte kakaadenka (Mizukawa Asami) e trae il suo umorismo dallo squilibrio di potere all’interno della coppia, ma è ben di più di una sitcom infarcita di battute.
Adachi, che è anche lo sceneggiatore del film, ci fa vedere anche le ragioni per cui Chika, la moglie, ha sposato Gota e ha scelto di rimanere con lui malgrado la frustrazione e la rabbia che le suscitano gli atteggiamenti da perdente del marito. Quando però i due hanno una pesante discussione che ci ricorda quella, ormai famosa, tra Adam Driver e Scarlett Johansson in Storia di un matrimonio, ogni scommessa sulla sopravvivenza della loro coppia salta.
Il film inizia come una commedia coniugale sul sesso fra coniugi: Gota, che ha già i suoi dispiaceri professionali, sta tramando per rientrare nel talamo coniugale da cui è stato cacciato ormai da tempo. Peccato che Chika, come confessa a una cara amica (Kaho), faccia ormai fatica a vederlo come un oggetto di desiderio. Eppure, in alcuni flashback, si vede come sia stata una grande sostenitrice di Gota agli inizi, tanto da comprare e indossare un paio di mutandine rosse “portafortuna”, nonostante lui si facesse beffe di ciò che definiva “superstizione”.
La trama non è tuttavia imperniata sull’assurda ricerca di soddisfacimento sessuale da parte di Gota, quanto piuttosto su una “gita di ricognizione” all’isola di Shikoku, nella Prefettura di Kagawa, dove lui convince una reticente Chika ad accompagnarlo. L’obiettivo è quello di incontrarvi un’adolescente che pare faccia spaghetti udon (una specialità di Kagawa) a velocità sorprendente, il che gli sembra una buona idea per un film.
Costretti a tirare la cinghia, visto che le economie familiari sono vicine allo zero, Gota, Chika e la loro figlioletta riescono comunque ad arrivare, stanchi e logori, a destinazione, dove però incontrano solo piccole e grandi delusioni e disastri – ultimo dei quali un incidente piuttosto buffo in cui Chika rimane quasi uccisa. Alla fine, la donna annuncia di averne abbastanza, ed è qui che inizia l’alterco di cui sopra.
Nei panni di Chika, Mizukawa Asami ci va giù pesante con il disprezzo; ma quando cominciamo a conoscere la personalità di Gota, che non ha spina dorsale e adduce infinite scuse, iniziamo a comprendere anche le frustrazioni della donna, per quanto la sua caparbia lealtà a una causa persa rimanga un rompicapo fin quasi alla fine del film. Inoltre, le sue esplosioni di rabbia – che se esternate in modo più diretto la farebbero sembrare una megera isterica più che una “moglie adorata” – sono espresse con una sotterranea vena umoristica, nonostante a volte sembri un palloncino sul punto di scoppiare.
Nel ruolo dell’inetto e afflitto Gota, Hamada Gaku più che sembrare un caso senza speranza suscita ilarità, e uno dei motivi è che comunica il proprio amore per il lavoro e la moglie persino dopo aver sopportato continui rifiuti e rimproveri. È un santo o un sacco da boxe? Né l’uno né l’altro: è invece più intelligente di quanto sembri.
Nato nel 1973 nella prefettura di Tottori, Adachi Shin si è diplomato alla Japan Academy of Moving Images, una scuola di cinema fondata a Yokohama nel 1975 dal regista Imamura Shohei. Adachi è stato assistente alla regia di Somai Shinji e ha iniziato scrivendo sceneggiature. È stato accreditato per la prima volta come sceneggiatore per la commedia su un lottatore professionista Mask de 41 (2004). La svolta è avvenuta con la sceneggiatura del film drammatico sulla boxe 100 Yen Love (2014), che gli è valso un Japan Academy Award. Nel 2016 Adachi ha fatto il suo debutto alla regia con la commedia adolescenziale semi-autobiografica 14 That Night.
FILMOGRAFIA
2016 – 14 That Night
2020 – A Beloved Wife
Mark Schilling