The Closet
t.l. L’armadio
클로젯 (Closet)
South Korea, 2020, 98’, Korean
Directed by: Kim Kwang-bin
Script: Kim Kwang-bin, Kwon Seong-hui
Photography (color): Choi Chan-min
Editing: Kim Sang-beom
Art Direction: Park Il-hyun
Music: Jo Young-wook
Producers: Kang Myung-chan, Kook Soo-ran, Kim Young-hoon, Son Sang-beom, Yoon Jong-bin, Ha Jung-woo, Jeong Won-chan
Cast: Ha Jung-woo (Sang-won), Kim Nam-gil (Kyung-hoon), Heo Yul (In-a), Kim Si-ah (Myung-jin), Shin Hyun-bin (Seung-hee), Kim Soo-jin (Myung-jin’s mother)
Date of first release in territory: February 5th, 2020
Premiere status: International Premiere
In apertura del film, un video molto rovinato, apparentemente girato nel 1998, mostra una sciamana durante un rituale che si conclude con un sanguinoso disastro. Ai giorni nostri, l’architetto di successo Sang-won e la sua bambina in età prescolare In-a traslocano in una casa di campagna isolata. Si scopre che ha perso sua moglie in un incidente automobilistico e che sia lui che In-a soffrono di disturbo da stress post-traumatico. Dopo aver dichiarato di avere una nuova amica, che pare abiti nell’armadio – grande in modo inquietante – che si trova in camera sua, In-a ha uno strano cambiamento di personalità e infine scompare senza lasciare traccia. Emotivamente sconvolto e sospettato sia dalla polizia che dai media, Sang-won viene avvicinato da Kyung-hoon, un giovane che si dichiara esperto di paranormale: costui sostiene che la sparizione di In-a non è che l’ultimo episodio di una serie lunga decenni di bambini spariti all’interno delle loro case, e che lui solo è in grado di recuperarla. Sang-won, inizialmente scettico, non ha altra possibilità che fidarsi di Kyung-hoon, ma nessuno di loro due si rende davvero conto di quanto pericoloso e vendicativo possa essere il rapitore di In-a.
Se avete l’impressione che questa storia vi sia familiare, non avete tutti i torti. The Closet si porta sul groppone l’influenza di Poltergeist, Non avere paura del buio e They. Eppure, il regista esordiente Kim Kwang-bin ha un occhio eccellente per gli effetti visivi avvincenti e sa come mantenere un ritmo vivace. La regia di Kim condivide un pizzico di stile da videogioco, come sono soliti fare i cineasti coreani più giovani, ma non tanto da diventare fastidioso. Perlomeno il film è sorprendentemente carico di solide scene d’azione da horror, con un omaggio all’estetica trasandata ma coloratissima di film degli anni Ottanta come Hellraiser e Nightmare – Dal profondo della notte.
Per quanto riguarda gli attori, Ha Jung-woo è più pacato del solito e la sua interpretazione smorzata ben si adatta al contesto di un momento culminante dichiaratamente melodrammatico. Allo stesso modo, Kim Nam-gil si astiene dal caricare troppo il tipico numero del “bastardo presuntuoso” che ha quasi rovinato diversi film coreani di genere. In ogni caso, però, il film è dominato da Kim Si-ah (The House of Us) nella parte della bambina fantasma Myung-jin, a tratti gelidamente sdegnosa e a tratti credibilmente vulnerabile. In realtà sarebbe stato interessante che il film avesse esplorato l’interazione tra Myung-jin e i bambini rapiti dal suo punto di vista, invece di dedicare tempo ai noiosi dettagli tecnici dei rituali di Kyung-hoon.
È vero che la sceneggiatura di The Closet soccombe a un’idea di genitorialità tipicamente coreana, tradizionale e retrograda, ma mi fa piacere che il film critichi in modo inequivocabile l’atteggiamento morbido che alcuni coreani hanno verso la pratica dell’“omicidio-suicidio familiare”. Tuttavia, The Closet ricorre comunque alla caratterizzazione del “bravo genitore” come di qualcuno che deve marcare stretto il proprio figlio. Malgrado abbia creato la possibilità di esplorare le particolari difficoltà di un padre single nella Corea contemporanea, il film svicola dalla sua responsabilità introducendo una o più figure materne come deus (dei) ex machina. Non è mia intenzione rimproverare il regista di The Closet per aver fatto questo, considerando che ci sono fin troppi film coreani di genere in cui la colpa è sempre della mamma (il rovescio della medaglia rispetto alle stupidaggini alla “tutto amore di mamma!” che pervade molti altri film).
Il fatto di avere un padre coreano che riflette sulla propria indifferenza nei confronti del benessere emotivo della propria figlia, anche se alla fine si rivela un semplice ingranaggio della trama che dirige il film verso un finale strappalacrime, è sicuramente un inizio. Immagino che The Closet avrebbe potuto essere un film più potente, sia come melodramma familiare che come horror soprannaturale, ma quel che c’è è già abbastanza da farmi pregustare con un certo entusiasmo il prossimo progetto di Kim Kwang-bin.
Nato nel 1981, Kim Kwang-bin ha studiato cinema alla Chung-Ang University e nella prima parte della sua carriera ha girato numerosi cortometraggi, tra i quali Modern Family (2011) ha vinto il premio come miglior corto al Dubai International Film Festival e al Dallas Asian Film Festival, mentre How to Pick a Lock (2016) si è guadagnato il primo premio della sezione Korean Fantastic Shorts al Bucheon International Fantastic Film Festival. The Closet è il suo primo lungometraggio.
FILMOGRAFIA
2020 – The Closet
Kyu Hyun Kim