The Man Standing Next
t.l. L’uomo accanto
남산의 부장들 (Namsan-ui bujang-deul)
South Korea, 2020, 114’, Korean
Directed by: Woo Min-ho
Script: Woo Min-ho, Lee Ji-min
Photography (color): Go Nak-seon
Editing: Jeong Ji-eun
Art Direction: Choi Ju-yeon
Music: Jo Young-wook
Producers: Kim Won-guk, Kang Sa-ra, Kim Jin-woo
Cast: Lee Byung-hun (Kim Kyu-pyeong), Lee Seong-min (President Park), Kwak Do-won (Park Yong-gak), Lee Hee-jun (Chief of Security Kwak Sang-cheon), Kim So-jin (Deborah Shim), Seo Hyun-woo (Chun Doo-hyuk)
Date of First Release in Territory: January 22nd, 2020
Premiere status: International Festival Premiere
1979. Kim Kyu-pyeong, direttore della KCIA (il servizio di intelligence della Corea del Sud), è il fidato braccio destro del dittatore sudcoreano, il presidente Park. Quando il suo amico, l’ex capo della KCIA Park Yong-gak, minaccia di divulgare segreti compromettenti del regime di Park al Congresso americano, Kim si trova alle strette; e comincia anche a preoccuparsi del fatto che il presidente Park sta riponendo troppa fiducia nel suo capo della sicurezza, il sociopatico e violento leccapiedi Kwak Sang-cheon. Quando gli attivisti pro-democrazia innescano una sommossa a Pusan e il presidente acconsente alla proposta di Kwak di ricorrere alla forza delle armi per sedare le proteste, Kim deve decidere quale sia la cosa giusta da fare per se stesso e per la nazione.
Il regista Woo Min-ho ha definito questo film come l’ultima parte di una trilogia, iniziata con Inside Men e continuata con The Drug King, che esplora la natura del potere politico e il prezzo che i coreani sono disposti a pagare per conservare il proprio delirio di onnipotenza. In questo caso, Woo ha scelto di mettere in scena l’assassinio (autentico) del presidente Park Chung-hee. Non so se Woo volesse evitare di ripetere gli errori del passato (The Drug King è stato ampiamente criticato per la narrazione troppo caotica e gli eccessi stilistici) o se più semplicemente abbia trovato lo stile attuale più consono al soggetto, ma The Man Standing Next è estremamente lineare come immagine, con ambientazioni decisamente elaborate, totalmente dissimili dalla sudicia vita reale della Corea del Sud nel 1979.
Il motore che guida The Man Standing Next sono le interpretazioni dei suoi straordinari attori. Lee Byung-hun (nei panni di Kim Kyu-pyeong) non somiglia affatto a Kim Jae-gyu, il suo equivalente nella vita reale, ma trasmette un’intensità carica di inquietudine che nei suoi ruoli precedenti si era vista raramente. Lee rifiuta di ridurre la motivazione del direttore Kim a un personale senso di tradimento, e fa in modo che lo spettatore continui a chiedersi quali siano esattamente i calcoli nella sua mente.
Kwak Do-won (nei panni di Park Yong-gak) è bravo in una versione altamente finzionalizzata dell’autentico ex direttore della KCIA Kim Hyung-wook, anche se, a causa dell’invenzione non necessaria dell’“amicizia” tra il suo personaggio e Kim Kyu-pyeong, è costretto ad ammorbidire alcuni terribili aspetti tipici del personaggio reale: in pratica non appare abbastanza cattivo o arrogante per il suo ruolo di capo della KCIA, temuto e odiato dallo stesso partito di governo del presidente Park. Il talentuoso Lee Seong-min (The Spy Gone North) è, non diversamente da Kwak Do-won, un po’ inadatto al suo ruolo come presidente Park. Pur veicolando abilmente la sinuosa avidità e la paranoia che si celano dietro il rustico fascino del militare dittatore, Lee sembra vincolato, come se fosse riluttante a modificare l’immagine pubblica che Park aveva in Corea, e non conferisce mai completa vivacità al proprio ruolo, pur facendo un lavoro encomiabile nel cercare di riprodurre momenti iconici degli ultimi giorni della vita di Park, come quando borbotta “Sto bene” mentre sanguina per una pallottola nel petto.
In definitiva, lo stile fluido del film è allo stesso tempo il suo punto forte e il suo punto debole. È vero che la recitazione superlativa dei protagonisti conduce gli spettatori all’interno di una narrazione complessa, ma nel contempo, l’aumentata teatralità fa sì che tutti questi personaggi somiglino di più a icone di un dipinto rinascimentale che a persone in carne e ossa. A differenza di The President’s Last Bang, di Im Sang-soo, che riesce nell’intento di evidenziare l’assurdità del potere politico attraverso la commedia nera, questo film aspira a essere documentaristico, per non dire “realistico”. In fin dei conti, però, compie lo stesso percorso di molte pellicole coreane che affrontano un tema storico: una grande attenzione ai dettagli materiali ma con un’insistenza nella drammatizzazione dei personaggi per creare nello spettatore una risposta emotiva. Condivido l’atteggiamento rispettoso del film nei confronti della psicologia dei suoi personaggi principali, ma vorrei che riflettesse di più sul rapporto tra le persone vere e le loro versioni cinematografiche.
Woo Min-ho (n. 1971) ha esordito con Man of Vendetta (2010), interpretato da Kim Myung-min nei panni di un prete che abbandona la chiesa e decide di vendicarsi per il rapimento della figlia. L’opera seconda di Woo, The Spies (2012), è una commedia d’azione, che ha venduto 1,3 milioni di biglietti al botteghino. Il grande successo di Inside Men (7 milioni di biglietti venduti, e altri 2 milioni per una director’s cut più estesa) nel 2015 ha portato Woo alla ribalta. Mentre il suo quarto titolo, The Drug King (2018), non è stato all’altezza delle aspettative, il regista è di nuovo arrivato in vetta al botteghino nel 2020 con The Man Standing Next.
FILMOGRAFIA
2010 – Man of Vendetta
2012 – The Spies
2015 – Inside Men
2018 – The Drug King
2020 – The Man Standing Next
Kyu Hyun Kim