Italian Premiere
The Spy Gone North
t.l. La spia che andò a nord
공작 (Gongjak)
South Korea, 2018, 137’, Korean, Chinese
Directed by: Yoon Jong-bin
Script: Kwon Sung-hui, Yoon Jong-bin
Photography (color): Choi Chan-min
Editing: Kim Jae-beom, Kim Sang-beom
Art Direction: Park Il-hyun
Music: Jo Young-wook
Producers: Han Jae-deok, Son Sang-beom, Kook Su-ran
Cast: Hwang Jung-min (Park Seok-young/Black Venus), Lee Sung-min (Ri Myong-un), Cho Jin-woong (Choi Hak-seong), Ju Ji-hoon (Jung Moo-taek), Ki Joo-bong (Kim Jung-il)
Date of First Release in Territory: August 8th, 2018
Siamo nel 1993, poco prima che la Corea del Sud si imbarcasse in una fatidica transizione verso un governo democratico civile sotto il presidente Kim Young-sam. Park Seok-young, esperto ufficiale dell’intelligence dell’esercito, viene reclutato da un pezzo grosso della KCIA (Servizio di Intelligence Nazionale della Corea del Sud), Choi Hak-seong, il quale ha saputo dagli americani che la Corea del Nord sta sviluppando in segreto un programma nucleare. Park, il cui nome in codice è Black Venus, diventa un agente sotto copertura incaricato di scoprire la verità sullo sviluppo nucleare del regime nordcoreano, assumendo l’identità di un uomo d’affari amorale ben disposto a intrattenere rapporti con la Corea del Nord attraverso i suoi contatti a Pechino. Facendo abile mostra di insensibilità capitalista e socievole sincerità (non del tutto finta, per quel che lo riguarda) finisce per farsi amico Ri Myong-un, un ufficiale del Nord responsabile della sensibilizzazione del mercato estero (che in altre parole significa riciclare, rastrellare e portare montagne di dollari in Corea del Nord, con qualunque metodo possibile).
Lavorando a una sceneggiatura scritta a quattro mani con Kwon Sung-hui (Ghost Sweepers), Yoon Jong-bin ha tratto questo film dalla strabiliante biografia del vero Black Venus, che di nome fa Park Chae-seo. Yoon mantiene un ritmo ben scandito nell’esposizione della vicenda sempre più straordinaria della doppia vita di Park, astenendosi dal commettere l’errore comune di sintetizzare drasticamente i dettagli narrativi per paura di annoiare gli spettatori.
Il film è piuttosto lungo (2 ore e 17 minuti) e, a dirla tutta, non dovrebbe essere scambiato per un elettrizzante spettacolo d’azione alla Tom Cruise. Nella concatenazione di eventi c’è una forte atmosfera anni Settanta, alla Sidney Lumet/Alan J. Pakula, ma Yoon si rifiuta di spingere il suo pubblico verso una facile identificazione emotiva con il bersagliato protagonista Park e il suo compagno di spionaggio, il nordcoreano Ri, consentendo a questi personaggi di guadagnarsi gradualmente l’ammirazione e la simpatia degli spettatori.
L’approccio paziente di Yoon riesce a tirar fuori il meglio da Hwang Jung-min e Lee Sung-min nei ruoli principali. Hwang è del tutto credibile come agente sveglio e idealista dietro una maschera di fanfarone avido e vigliacco, ma la bussola morale del film in realtà è in mano a Lee, il quale ci consegna un’interpretazione contenuta ma potente, tra le migliori della sua illustre carriera di comprimario, che comunica in modo sottile il decoro essenziale del navigato ufficiale nordcoreano che è stato indurito da anni di oppressione.
The Spy Gone North è anche ragguardevole per il suo approccio riflessivo e storicamente sagace ai rapporti tra le due Coree, reso ancor più evidente se paragonato ad altri thriller di spionaggio più fantasiosi e scaltri come The Berlin File e Steel Rain. Infatti, laddove questi film finiscono per usare le relazioni Nord-Sud semplicemente come ambientazioni locali o elementi funzionali a mettere in evidenza o cucire insieme convenzioni di genere già fissate, Yoon fa l’esatto contrario. Inizia con tutti gli ingredienti di un normale thriller spionistico per sgretolarli poco a poco finché, nel momento culminante, The Spy finisce per mostrare in modo convincente quanto strani e inconsueti siano di fatto i rapporti tra Corea del Nord e Corea del Sud.
The Spy Gone North non sarà forse un film innovatore, ma è, nella sua maniera flessibile ma tenace, determinato a evitare i cliché tipici del film d’azione o del thriller sulle relazioni tra Nord e Sud e a dare un senso al costo umano richiesto da questa surreale partita a scacchi ideologico-politica tra i detentori del potere, nel corso di tutta la storia postbellica di questa penisola. Sommessamente arguto e ben consapevole della banale assurdità della politica della penisola coreana, ma senza autocompiacimenti né paternalismi, questo film è per il regista Yoon Jong-bin un risultato significativo.
Yoon Jong-bin
Yoon Jong-bin ha studiato alla Chung-Ang University, dove ha diretto il film a basso budget The Unforgiven. Il suo primo film commerciale, Beastie Boys, era incentrato sugli gigolò dei quartieri della vita notturna di Seoul. Nel 2012 il dramma Nameless Gangster, ambientato a Busan, è stato un grande successo commerciale; sono seguiti Kundo: Age of the Rampant, una storia di banditi ambientata ai tempi della dinastia Joseon, e The Spy Gone North, presentato a Cannes durante le Séances de Minuit, che ha venduto ben 5 milioni di biglietti. Oltre alla sua attività di regista, Yoon ha anche prodotto film di successo come A Violent Prosecutor (2016), Money (2019) e The Closet (2020).
FILMOGRAFIA
2005 – The Unforgiven
2008 – Beastie Boys
2012 – Nameless Gangster: Rules of the Time
2014 – Kundo: Age of the Rampant
2018 – The Spy Gone North