ITALIAN PREMIERE
My Small Land
t.l. La mia piccola terra
マイスモールランド
Japan, 2022, 114’, Japanese
Directed by: Kawawada Emma
Screenplay: Kawawada Emma
Photography (color): Shinomiya Hidetoshi
Editing: Fushima Shinichi
Art Direction: Hyeonsun Seo
Music: Roth Bart Barton
Producers: Morishige Hiromi, Bansei Megumi
Executive Producers: Kono Satoshi, Kobayashi Eitaro, Ushioda Hajime, Kore-eda Hirokazu, Tom Yoda, Matsumoto Satoru
Cast: Arashi Lina, Okudaira Daiken
Date of First Release in Territory: May 6th, 2022
Il Giappone non è un paese accogliente per i rifugiati: nel 2019, su 10.375 domande per lo status di rifugiato, ne sono state accolte solo 44. Le procedure per ottenere tale status sono lunghe, visto che richiedono in media un periodo di quattro anni, e complesse, con molti ostacoli burocratici da superare e norme legislative da osservare. I richiedenti possono ricevere sussidi dallo Stato e hanno il permesso di lavorare, ma le somme ricevute e guadagnate sono appena sufficienti per sopravvivere. E chi viene beccato in una condizione di illegalità per via di un permesso di soggiorno scaduto o altro, viene rinchiuso in uno dei 17 centri di detenzione che sono sparsi in tutto il paese e dove le condizioni sono notoriamente difficili e troppo spesso fatali.
Questa lugubre realtà viene presentata in Passage of Life, un film del 2018 diretto da Fujimoto Akio sulla storia vera di una famiglia birmana in Giappone, e in Ushiku di Thomas Ash (2021), un incisivo documentario sulle condizioni del centro di detenzione vicino a Tokyo il cui nome dà il titolo al film. E ora Kawawada Emma, che è stata assistente alla regia per Kore-eda Hirokazu e lavora nella sua casa di produzione, la Bun-Buku, ha fatto di una famiglia di rifugiati curdi il fulcro del suo primo lungometraggio, My Small Land.
Il film, tratto da una sceneggiatura originale della regista, non è tanto un docudrama di protesta quanto piuttosto un ritratto intimo e implacabile di come la famiglia affronta la sua difficile condizione, a cominciare dalla figlia maggiore, la diciassettenne Sarya (Arashi Lina). Come sua sorella e suo fratello più piccoli, Sarya è cresciuta in Giappone e ne parla correntemente la lingua, comunicando in giapponese persino col padre scontroso ma bonaccione, visto che la sua conoscenza della lingua curda è minima. (La madre è assente, per motivi che restano sconosciuti). Il padre intanto cerca di rendere Sarya e i suoi fratelli consapevoli della loro discendenza curda, malgrado i ricordi della sua vita prima dell’arrivo in Giappone siano per la ragazza molto sfocati.
All’inizio della storia, vediamo che Sarya, all’ultimo anno di scuola superiore, è molto popolare all’interno del suo gruppo di amici, aiuta i membri della comunità curda locale che non parlano il giapponese e, per contribuire al bilancio familiare, lavora part-time in un negozio di alimentari. La ragazza è anche sentimentalmente, seppur timidamente, legata a Sota (Okudaira Daiken), un collega del negozio, e sta pensando di frequentare l’università a Tokyo.
Al padre viene però rifiutata la richiesta di rifugiato e, di colpo, tutto inizia a sgretolarsi. Non più autorizzato a lavorare legalmente, ma con un disperato bisogno di denaro, l’uomo mantiene il proprio lavoro in un’impresa di demolizioni e, quando viene scoperto, viene rinchiuso in un centro di detenzione. Sarya, che ora è di fatto la capofamiglia, sente i propri sogni giovanili piegarsi sotto il peso della responsabilità; i giapponesi che la circondano, compreso l’anziano avvocato del padre, sono gentili e benintenzionati, ma concretamente possono fare ben poco per risolvere i suoi problemi legali e personali.
Così, schiacciata da una pressione insostenibile, Sarya inizia a crollare – e a ribellarsi.
Arashi Lina, un’attrice di etnia mista il cui padre, prima di diventare cittadino giapponese, era iraniano, disegna con sensibilità il dilemma di Sarya che è intrappolata tra due culture senza appartenere completamente a nessuna delle due e che, malgrado nelle prime scene del film parli e si comporti come una tipica adolescente giapponese, vive con un’ombra di ansia e paura che continua ad allargarsi – e che i suoi compagni di scuola gioiosamente ignorano. Sota è quello che più si avvicina a capirla, ma in definitiva il futuro della ragazza è spaventosamente incerto.
My Small Land non fornisce risposte facili, ma solo la dura verità che, per profughi come Sarya e la sua famiglia, la tanto sbandierata omotenashi (ospitalità) giapponese diventa un’amara ironia, mentre le loro possibilità di scelta si riducono alla detenzione o alla deportazione verso una “madrepatria” di miseria e oppressione o, nel caso dei curdi apolidi, lo spettro dell’arresto, della tortura e della morte.
Kawawada Emma
Nata nel 1991 nella prefettura di Chiba da madre giapponese e padre britannico, Kawawada Emma ha studiato cinema e drammaturgia alla Waseda University di Tokyo. Circle, il suo film realizzato nel 2013 da studentessa, ha ottenuto il secondo premio al Tokyo Student Film Festival. Nel 2014 Kawawada ha iniziato a lavorare per Bun-Buku, la società di produzione di Kore-eda Hirokazu. È stata assistente alla regia per il film The Third Murder di Kore-eda, nel 2017, e per His Lost Name, il film d’esordio di Hirose Nanako, un’altra protetta del regista, nel 2019. Nel 2018 Kawawada ha ricevuto l’ARTE International Prize nell’ambito dell’Asian Project Market in Corea per la sceneggiatura di My Small Land, il suo primo film da regista. Il film uscirà in Giappone a maggio.
FILMOGRAFIA
2013 – Circle
2022 – My Small Land