The Crimson Kimono

The Crimson Kimono
Il kimono scarlatto

US, 1959, 82’, English
Directed by: Samuel Fuller
Screenplay: Samuel Fuller
Photography (b/w): Sam Leavitt
Producer: Samuel Fuller
Production Companies: Columbia Pictures, Globe Enterprises
Cast: Victoria Shaw, James Shigeta, Glenn Corbett

 

Il kimono scarlatto inizia con uno sparo. In un night club di Little Tokyo a Los Angeles, una ballerina esotica viene colpita nel backstage e, mentre lei fugge nell’affollata vita notturna del quartiere, la macchina da presa la segue solo per mostrare che viene raggiunta da un altro proiettile, stavolta fatale. Questa sequenza di “rottura dell’equilibrio” è caratteristica dello stile esplosivo e audace di Fuller il quale, come disse Andrew Sarris, “è un americano primitivo autentico la cui opera deve essere vista per essere compresa”. 
La storia si svolge inizialmente come un giallo che va alla ricerca del colpevole ma ben presto si sposta alla relazione piena di tensione tra il poliziotto di razza caucasica, Charlie, il suo collega nippo-americano Joe e l’amante di entrambi, l’artista Chris, che ha ritratto la vittima. Il triangolo amoroso è complicato ulteriormente dalle ovvie implicazioni razziali in gioco. Anche visto oggi il film sembra precorrere i tempi: una relazione interrazziale tra un uomo asiatico e una donna caucasica era (ed è tuttora) una cosa rara ad Hollywood. Più spesso viene presentata nella sua versione rovesciata, con un uomo caucasico e una donna asiatica, all’epoca senza dubbio meglio accolta dal grande pubblico: basti vedere L’anno del dragone (1985), che fa sempre parte di questo programma. Fuller fa però un passo ulteriore: mentre il Kato di Il Calabrone Verde è un semplice assistente (con gran disappunto di Bruce Lee), Joe viene descritto come un parigrado di Charlie, tanto professionalmente quanto dal punto di vista sentimentale. E i due non solamente sono allo stesso livello: in effetti Chris desidera Joe più di Charlie. Per quanto riguarda il crimine, sarà Joe a catturare l’assassino e a sparargli, tanto che nella scena culminante dell’inseguimento, la macchina da presa segue solo lui. 
Non si tratta semplicemente di un’ostinazione soggettiva di Fuller, che ovviamente riconosce le complicazioni e gli aspetti controversi del fatto di mettere un personaggio asiatico in primo piano ed è anche consapevole della condizione degli asiatici in generale. Quando Joe confessa a Charlie il suo amore per Chris, suggerisce anche che Charlie ha tutto il diritto di picchiarlo. Charlie, che fino a questo istante ha mantenuto lo sguardo basso, alza gli occhi e chiede con indifferenza a Joe se sposerà Chris – come se si trattasse di qualcosa di inconcepibile. Si tratta di una reazione semplice e forse naturale, ma Joe ne è profondamente (e legittimamente) offeso. Che ne sia stato consapevole o meno, Charlie ha giocato la carta della razza, sminuendo il suo collega, e Joe a sua volta mormora “Non avresti detto una cosa simile in questo modo se io fossi bianco… Guardati, la tua faccia dice tutto”. Fuller è uno dei pochissimi registi americani sinceramente interessati ad esplorare l’etnicità asiatica oltre l’esotismo che rappresenta nel contesto americano, e lo si può notare anche in La porta della Cina (1957), La casa di bambù (1955) e Corea in fiamme (1951). 
Quando Joe riferisce questa sua esperienza a Chris, la donna dissente, replicando che è tutto nella sua testa. Joe, nel tentativo di farle capire, può solamente rispondere, “Non puoi provare quello che provi io, a meno che tu non sia me… per la prima volta mi sento diverso”. Uno shock, una rivelazione, una consapevolezza. È come davanti a uno specchio, anche se riflesso sul viso di qualcun altro; per la prima volta Joe diventa consapevole del suo essere “l’altro”. 
La preferenza di Fuller per attori oscuri e sconosciuti lo portò a ingaggiare l’attore nippo-americano James Shigeta per il ruolo di Joe. Questo esordio nel cinema lo spinse Shigeta verso una carriera hollywoodiana fatta di ruoli simili, come Ponte verso il sole (sempre in questo programma) e Fior di loto. Shigeta conferisce un’incredibile naturalezza e dignità al ruolo e questa immagine di maschio asiatico competente, forte e sensibile (tutto il contrario di Fu Manchu) è eccezionale nel cinema occidentale. 
Il kimono scarlatto in definitiva riscatta il senso di superiorità di Charlie e la crisi di identità di Joe, che fanno entrambi ammenda, ma la realtà, ora come allora, può risultare più difficile da affrontare. Fuller aggiunge alla sua detective story una sfumatura critica e una messa in scena nel contempo avvincente e sontuosa.  


Samuel Fuller 

Samuel Fuller (1912-1997) è stato uno scrittore, regista e produttore. Prima di diventare regista, lavorò come reporter e in seguito combatté nell’esercito degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. Noto per i film di genere a basso budget, Fuller fu in realtà un regista visionario e anticonformista che influenzò la Nouvelle Vague francese. I suoi film, che incarnano lo spirito indipendente del regista, esprimono attenzione per i reietti e gli emarginati. Il suo Corea in fiamme (1951) fu il primo film americano a parlare della Guerra di Corea. Le opere più riuscite di Fuller comprendono Il corridoio della paura (1963) e Il bacio perverso (1964); Cane bianco (1982), l’ultimo film che realizzò in America prima di spostarsi in Europa, è un risoluto atto di accusa nei confronti del razzismo. 
 
FILMOGRAFIA SELEZIONATA

1951 – The Steel Helmet
1953 – Pickup on South Street
1954 – Hell and High Water
1955 – House of Bamboo
1957 – China Gate
1957 – Forty Guns
1959 – The Crimson Kimono
1963 – Shock Corridor
1964 – The Naked Kiss
1980 – The Big Red One
1982 – White Dog

Kiki Fung
FEFF: 2022
Regia: Samuel FULLER
Anno: 1959
Durata: 82'
Stato: USA

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